Caro direttore,
il provvedimento del Ministero dell’Istruzione che abolisce nelle scuole medie il voto di condotta è una misura che rischia di essere autolesionista in tempi in cui dilaga sempre più il fenomeno del bullismo e il lassismo di una genitorialità adusa, e quindi complice, a proteggere i propri rampolli a prescindere. Il voto in condotta sarà sostituito da una ambigua formula letteraria che approda nella «valutazione del comportamento con giudizio sintetico e non più con voti decimali, per offrire un quadro più complessivo sulla relazione che ciascun studente ha con gli altri e con l’ambiente scolastico». Tante parole per dire tutto e nulla. È vero che finora non si è mai bocciato molto per scarsa condotta, ma ora viene sostanzialmente offerta su un piatto d’argento a studenti indisciplinati e a genitori correi, l’idea di derubricare le intemperanze in goliardate. Piuttosto ci saremmo aspettati dal Ministero un provvedimento più innovativo e coraggioso: un “voto in condotta”... per i genitori! Perché il problema è qui. La maggiore insoddisfazione di moltissimi docenti non è tanto nel già problematico rapporto con gli alunni, quanto in quello con i genitori. I figli sono per lo più come i genitori vogliono che siano. E i genitori di oggi educano, sbagliando le doverose e indispensabili proporzioni, più col cuore che con la ragione. La loro pedagogia è il permissivismo, la copertura a ogni costo delle malefatte dei figli, la sopravvalutazione delle loro capacità, la concessione a oltranza, la cupidigia di consumismo e l’avvilimento di ogni valore morale. E mentre nella società dilaga a dismisura il fenomeno della microcriminalità e del bullismo, le autorità preposte all’Istruzione rischiano di allearsi a quella genitorialità che a volte è la prima curatrice fallimentare dei propri figli.
Edgardo Grillo
Gentile signor Grillo,
su richiesta del Direttore, rispondo volentieri alla sua lettera. In parte condivido alcune delle cose che lei scrive. È capitato anche a me, proprio su queste colonne, di stigmatizzare l’atteggiamento di quei genitori che si ergono ad «avvocati difensori» o a «sindacalisti» dei propri figli, invece che cercare di stabilire – come sarebbe più proficuo, innanzitutto per il bene degli stessi ragazzi – un rapporto costruttivo con l’istituzione scolastica. Però penso che vadano evitate le generalizzazioni. In base alla mia esperienza di docente, posso affermare che se è vero che accadono talora episodi che denunciano in certi genitori un’attenzione educativa inadeguata, è altrettanto vero che nella maggior parte dei casi tale attenzione c’è, come c’è anche fiducia nella scuola. Quanto alla questione specifica dell’abolizione del voto di condotta nella scuola secondaria di primo grado (cioè alle medie inferiori), si può essere d’accordo o meno, si può discutere sulla maggiore o minore opportunità del provvedimento, previsto dalla legge 107/2015 (la cosiddetta “buona scuola”) e reso attuativo da quest’anno scolastico attraverso un decreto della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. Per completezza di informazione, dobbiamo aggiungere che resta ancora in vigore la possibilità di non ammettere alla classe successiva coloro a cui è stata irrogata, nel caso di infrazioni disciplinari gravi, la sanzione di esclusione dallo scrutinio finale.
Tuttavia le posso dire che oggi a scuola, più che in passato, si pone molto l’accento sulle cosiddette “competenze di cittadinanza”, una sorta di “insegnamento trasversale” che ha sostituito la vecchia Educazione civica e del quale si fanno carico i docenti di tutte le materie. Si tratta infatti di insegnare quel rispetto delle regole senza il quale non può esistere una comunità, da quella della scuola a quella dello Stato. Si cerca, insomma, piuttosto che valutare con un numero l’atteggiamento dei ragazzi, il loro modo di stare a scuola, la disciplina ecc., di trasmettere il valore e l’importanza di quelle norme sulle quali si fonda la convivenza. Alle superiori il voto di condotta c’è ancora, ma – mi creda – non è la cosa più importante.