La politica fiscale è uno dei temi cruciali di ogni dibattito elettorale, a maggior ragione oggi, in Italia. Le questioni più importanti al centro dell’attenzione sono quelle del peso complessivo dell’imposizione fiscale collegata al perimetro ottimale del settore pubblico nell’economia, dell’eterno ritorno all’idea di una 'patrimoniale' e della scelta complessiva della strategia di imposizione tra le varie possibili poste (consumi, lavoro, ricchezza, ecc.). Per dare un concreto contributo alla riflessione in corso, oltre ogni smania propagandistica, crediamo sia utile ricordare alcuni elementi di contesto che, anche e soprattutto in questa fase, rendono la lotta alle diseguaglianze e la promozione degli 'ultimi' la via più efficace e razionale per accrescere in misura maggiore possibile il bene comune. Elementi che aiutano a comprendere meglio la ratio del principio costituzionale (e morale) della progressività fiscale.
Primo, il terremoto della globalizzazione è prodotto dai divari immensi di costo del lavoro e di vita tra Paesi e dall’esistenza dell’enorme esercito di riserva di un miliardo di poverissimi disposti a lavorare a salari da fame. È urgentissimo accelerare una convergenza verso l’alto di salari e tenore di vita che i meccanismi dell’economia rendono possibile (basti guardare alla dinamica delle retribuzioni in alcuni Paesi modello, come la Polonia). In questo contesto migliorare le condizioni degli 'ultimi' è l’unica strada per risolvere il problema e per eliminare il rischio di corsa al ribasso sui diritti. Secondo, gli studi sulle determinanti della soddisfazione di vita sono concordi nell’identificare l’impatto negativo della diseguaglianza del reddito su salute e benessere soggettivo. E nel documentare che variazioni positive di salute e di reddito hanno impatti molto più positivi sulla soddisfazione di vita dei ceti più poveri e molto più limitati su quelli dei ceti più ricchi. La riduzione delle tasse sui redditi più bassi ha, poi, un effetto di stimolo sulla domanda molto maggiore di quella sui redditi più elevati. Terzo, un’altra decisione strategica riguarda la ripartizione del peso del prelievo tra le varie poste possibili. Da questo punto di vista, è del tutto evidente che si dovrebbe incidere maggiormente su quelle attività che producono effetti 'esterni' negativi - inquinamento ambientale, inquinamento finanziario, ludopatie... – e detassare il lavoro o il frutto del lavoro, agevolando così l’assunzione di manodopera e facendo crescere i redditi. Cruciale è anche l’avvio concreto di una valorizzazione sul piano fiscale della famiglia e della famiglia con figli se vogliamo davvero che la ripresa sia davvero anche 'ripresa umana'. Le politiche fiscali possono inoltre essere utilizzate per accelerare la convergenza economica, sociale e ambientale di cui abbiamo bisogno penalizzando le filiere a minore qualità sociale e ambientale e premiando invece quelle che eccellono in questi campi come auspicato dalla stessa Unione Europea con la Social Business Initiative.
Quarto, un ulteriore tema è quello della sostenibilità delle proposte. È, cioè, più che mai necessario non farsi incantare dalle sirene della demagogia, quelle che cantano sempre la canzone della pura e semplice eliminazione di una qualche tassa. Oggi nel mirino c’è ovviamente l’Imu (che pesa e pesa tanto, ma senza la quale tanti servizi erogati dagli Enti locali tornerebbero nella spirale distruttiva che s’era avviata negli anni scorsi). Su questo piano, appare perciò assai più realistica e interessante l’idea – che è già stata abbozzata – di riformare quella tassa sulla proprietà immobiliare, creando una razionale soglia di esenzione (e aumentando l’aliquota al di sopra di essa) per evitare oneri eccessivi sulla vasta platea di italiani che non dispongono di elevate fonti di reddito, ma sono proprietari di prime case (magari ancora gravate da mutui). Ultimo, ma non meno importante, tema – il quinto elemento di questo ragionamento – è la prospettiva di un grande Patto Fiscale. È stata proposta più volte su queste pagine. Ed è l’unica via concreta che può creare spazio per la riduzione della pressione fiscale di cui abbiamo urgentemente bisogno per far ripartire l’economia. Come abbiamo più volte spiegato è tecnicamente possibile eliminare il differenziale di evasione tra il nostro Paese e quelli del Nord Europa (e volendo eliminare gran parte dell’evasione tout court) ed è possibile farlo senza perdere consensi se ci si vincola all’utilizzo dei proventi della lotta all’evasione per la riduzione del prelievo su tutti.
Non sempre benessere economico, bene comune ed equità vanno di pari passo, ma le opzioni che abbiamo indicato possono seriamente contribuire a creare un circolo virtuoso in tal senso.