venerdì 4 gennaio 2013
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La politica fiscale è uno dei temi cruciali di o­gni dibattito elettorale, a maggior ragione og­gi, in Italia. Le questioni più importanti al centro dell’attenzione sono quelle del peso complessivo dell’imposizione fiscale collegata al perimetro ot­timale del settore pubblico nell’economia, dell’e­terno ritorno all’idea di una 'patrimoniale' e del­la scelta complessiva della strategia di imposizio­ne tra le varie possibili poste (consumi, lavoro, ric­chezza, ecc.). Per dare un concreto contributo al­la riflessione in corso, oltre ogni smania propa­gandistica, crediamo sia utile ricordare alcuni e­lementi di contesto che, anche e soprattutto in questa fase, rendono la lotta alle diseguaglianze e la promozione degli 'ultimi' la via più efficace e razionale per accrescere in misura maggiore pos­sibile il bene comune. Elementi che aiutano a comprendere meglio la ratio del principio costi­tuzionale (e morale) della progressività fiscale.
Primo, il terremoto della globalizzazione è pro­dotto dai divari immensi di costo del lavoro e di vita tra Paesi e dall’esistenza dell’enorme eserci­to di riserva di un miliardo di poverissimi dispo­sti a lavorare a salari da fame. È urgentissimo ac­celerare una convergenza verso l’alto di salari e tenore di vita che i meccanismi dell’economia ren­dono possibile (basti guardare alla dinamica del­le retribuzioni in alcuni Paesi modello, come la Polonia). In questo contesto migliorare le condi­zioni degli 'ultimi' è l’unica strada per risolvere il problema e per eliminare il rischio di corsa al ri­basso sui diritti. Secondo, gli studi sulle determinanti della soddi­sfazione di vita sono concordi nell’identificare l’impatto negativo della diseguaglianza del red­dito su salute e benessere soggettivo. E nel docu­mentare che variazioni positive di salute e di red­dito hanno impatti molto più positivi sulla soddi­sfazione di vita dei ceti più poveri e molto più li­mitati su quelli dei ceti più ricchi. La riduzione delle tasse sui redditi più bassi ha, poi, un effetto di stimolo sulla domanda molto maggiore di quel­la sui redditi più elevati. Terzo, un’altra decisione strategica riguarda la ri­partizione del peso del prelievo tra le varie poste possibili. Da questo punto di vista, è del tutto e­vidente che si dovrebbe incidere maggiormente su quelle attività che producono effetti 'esterni' negativi - inquinamento ambientale, inquina­mento finanziario, ludopatie... – e detassare il la­voro o il frutto del lavoro, agevolando così l’as­sunzione di manodopera e facendo crescere i red­diti. Cruciale è anche l’avvio concreto di una va­lorizzazione sul piano fiscale della famiglia e del­la famiglia con figli se vogliamo davvero che la ri­presa sia davvero anche 'ripresa umana'. Le po­litiche fiscali possono inoltre essere utilizzate per accelerare la convergenza economica, sociale e ambientale di cui abbiamo bisogno penalizzan­do le filiere a minore qualità sociale e ambienta­le e premiando invece quelle che eccellono in que­sti campi come auspicato dalla stessa Unione Eu­ropea con la Social Business Initiative.
Quarto, un ulteriore tema è quello della sosteni­bilità delle proposte. È, cioè, più che mai neces­sario non farsi incantare dalle sirene della dema­gogia, quelle che cantano sempre la canzone del­la pura e semplice eliminazione di una qualche tassa. Oggi nel mirino c’è ovviamente l’Imu (che pesa e pesa tanto, ma senza la quale tanti servizi erogati dagli Enti locali tornerebbero nella spira­le distruttiva che s’era avviata negli anni scorsi). Su questo piano, appare perciò assai più realisti­ca e interessante l’idea – che è già stata abbozza­ta – di riformare quella tassa sulla proprietà im­mobiliare, creando una razionale soglia di esen­zione (e aumentando l’aliquota al di sopra di es­sa) per evitare oneri eccessivi sulla vasta platea di italiani che non dispongono di elevate fonti di red­dito, ma sono proprietari di prime case (magari an­cora gravate da mutui). Ultimo, ma non meno importante, tema – il quin­to elemento di questo ragionamento – è la pro­spettiva di un grande Patto Fiscale. È stata pro­posta più volte su queste pagine. Ed è l’unica via concreta che può creare spazio per la riduzione della pressione fiscale di cui abbiamo urgente­mente bisogno per far ripartire l’economia. Come abbiamo più volte spiegato è tecnicamente pos­sibile eliminare il differenziale di evasione tra il nostro Paese e quelli del Nord Europa (e volendo eliminare gran parte dell’evasione tout court) ed è possibile farlo senza perdere consensi se ci si vincola all’utilizzo dei proventi della lotta all’eva­sione per la riduzione del prelievo su tutti.
Non sempre benessere economico, bene comu­ne ed equità vanno di pari passo, ma le opzioni che abbiamo indicato possono seriamente contribuire a creare un circolo virtuoso in tal senso. ​
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