Ansa
La solitudine è una delle grandi emergenze delle società del 21º secolo e sebbene non sia un prodotto dal Covid-19, la pandemia ha indubbiamente aggravato la situazione e ci ha resi più consapevoli del problema. Quest’anno abbiamo visto tante immagini e ascoltato tante storie che porteremo con noi. Abbiamo visto esempi di solidarietà e sostegno reciproco che ci hanno rincuorati, ma allo stesso tempo le misure adottate per contenere il virus hanno contribuito ad acuire l’isolamento di ampie fasce della società, che si sono ritrovate sole e lontane dai propri cari. Pensiamo a chi vive da solo o alle persone più vulnerabili, come i membri più anziani delle nostre comunità. E naturalmente non dimenticheremo mai le persone che sono morte sole a causa della pandemia.
Non a caso quest’anno alla 77a Mostra del cinema di Venezia abbia visto un film in stop-motion sulla vita di due anziani che vivono in una condizione di isolamento, che sottolinea quanto i contatti sociali siano fondamentali per il loro benessere.
Alcuni studi hanno dimostrato che esiste un nesso tra solitudine e problemi di salute in età avanzata, che è particolarmente rilevante nella demenza, nella depressione e in altri aspetti della salute psicologica. La solitudine però non è legata esclusivamente all’età e un’età avanzata non è sinonimo di essere soli. Sempre più giovani riferiscono infatti di soffrirne.
La solitudine e l’isolamento sociale hanno anche implicazioni economiche. Le reti umane servono a collegare le persone e a trasferire conoscenze, idee e competenze, creano opportunità quando si cerca un lavoro e hanno un impatto sulla ricerca e sull’innovazione. La solitudine e l’isolamento interagiscono con il nostro modo di vivere insieme come società. La recente relazione della Commissione europea sull’impatto dei cambiamenti demografici evidenzia che le persone vivono sempre più da sole e che il problema è particolarmente acuto nelle città: 40% a Milano; 50% a Parigi; 60% a Stoccolma. Con l’invecchiamento della popolazione europea, sempre più anziani vivranno da soli, in particolare donne, vista la loro maggiore aspettativa di vita.
I poveri e i disoccupati sono gruppi che più degli altri tendono a sentirsi soli e in questo contesto i nostri sforzi a sostegno di una ripresa economica e della riduzione delle disuguaglianze sono ancora più urgenti.
Dobbiamo far sì che gli insegnamenti dolorosi della pandemia portino a un miglioramento della salute e a una maggiore solidarietà, soprattutto tra generazioni. La Commissione europea farà la sua parte per fronteggiare questa sfida, insieme ai responsabili politici di tutta la Ue. Saremo chiamati ad affrontare le conseguenze della solitudine sulla salute e i suoi effetti sulle opportunità di lavoro, sull’innovazione, sulla produttività e, in ultima analisi, sulla crescita economica. Mentre lavoriamo per garantire che le nostre società e le nostre economie non solo si riprendano, ma emergano più resilienti dalla pandemia, dobbiamo considerare l’elemento solitudine nell’elaborazione delle nostre politiche.
Ma la solitudine va anche contrastata da ciascuno di noi, ogni giorno. Citando Jo Cox, la deputata britannica assassinata a pochi giorni dal referendum sulla Brexit e che si è molto impegnata per sensibilizzare le persone su questo tema, «La solitudine... è qualcosa che molti di noi possono alleviare facendo visita a un vicino, andando a trovare un parente anziano o telefonando a un amico che non vediamo da molto tempo».
Šuica è vicepresidente della Commissione Ue per la Democrazia e la Demografia
Gentiloni è commissario per l’Economia