Il Venerdì Santo e l’Annunciazione sono connessi tra loro in vari modi, ma soprattutto perché sono due momenti altissimi in cui si rileva la radicale novità del cristianesimo rispetto alle culture precedenti e l’altissima dignità che esso riconosce all’uomo. Infatti, il mondo antico (salvo rare eccezioni) concepiva l’uomo sottomesso ai capricci degli dei e sottomesso al Fato e/o a numerosissime forze animistiche che credeva che interferissero pesantemente nella vita umana. I filosofi più grandi rigettarono queste teologie e queste superstizioni, ma anche la loro concezione del tempo era circolare: tutto si ripete e ciò (a ben vedere) implica la negazione della libertà.Sul piano politico, i greci sono arrivati a riconoscere la libertà del cittadino maschio e adulto, negandola però alle donne, ai bambini, agli stranieri, agli schiavi. I filosofi Stoici hanno sì affermato l’uguaglianza di ogni essere umano, ma hanno ribadito l’inderogabilità del Fato. Per il cristianesimo, invece, ogni essere umano, nessuno escluso, ha una dignità incommensurabile, dato che egli è immagine e somiglianza di Dio, ha una dignità talmente alta che per ogni singola persona Cristo versa il suo sangue durante la sua Passione e Croce. In forza di questa dignità, per il cristianesimo ogni persona è – e deve essere – libera rispetto agli altri e la preziosità dell’uomo implica la condanna della schiavitù (che il cristianesimo ha gradualmente bandito), la condanna dell’infanticidio (che era frequentissimo nel mondo antico e che oggi, anche come conseguenza dell’indebolimento del cristianesimo, viene da alcuni nuovamente giustificato), la reiezione radicale dei sacrifici umani (che molti popoli antichi praticavano copiosamente e che oggi vengono da alcuni nuovamente approvati), l’impegno profuso per tutelare la donna (il cristianesimo non è affatto "maschilista": e qui il discorso sarebbe lungo). Inoltre, il cristianesimo afferma l’esistenza di un unico Dio negando le forze animistiche e gli innumerevoli dei, a cui dunque l’uomo non è soggetto.E questo Dio non solo è creatore di ognuno, ma inoltre fa perdurare ogni cosa e ogni uomo: infatti, Dio mantiene nell’essere ogni entità, che altrimenti scomparirebbe nel nulla. Per dirla metaforicamente, Dio sostiene ognuno di noi sul palmo della sua mano, sotto la quale c’è l’abisso del nulla. E, sebbene Dio sia amorosamente interessato a ognuno di noi (diversamente dal Dio del deismo), la cosa stupefacente è che egli ci tiene sul palmo della sua mano lasciandoci la libertà non solo di essergli indifferenti ma persino di vilipenderlo, la libertà persino di crocifiggere suo Figlio, di rispondere all’amore che Cristo ha profuso nella sua esistenza terrena assassinandolo in modo atroce. Di più, come ha detto il Papa a Cuba, «Il nostro Dio, entrando nel mondo, ha voluto fare affidamento sul consenso libero di una sua creatura. Solo quando la Vergine ha risposto all’angelo: "Ecco sono la serva del Signore" […] il Verbo eterno del Padre iniziò la sua esistenza umana nel tempo. È commovente vedere come Dio non solo rispetta la libertà umana, ma sembra averne bisogno». Ora, qual è il senso ultimo di questa libertà conferita da Dio all’uomo? Come spiega efficacemente un grande pensatore come Kierkegaard, «è il miracolo dell’amore infinito, che Iddio» all’uomo «possa dire quasi come un pretendente [...]: mi vuoi tu, sì o no?». L’uomo è libero perché Dio, come un innamorato, gli propone di partecipare alla comunione amorosa eterna con sé e un amore costretto sarebbe una contraddizione in termini.