Siamo entrati, già da alcune settimane, nel cinquantesimo anno di vita di "Avvenire" che si compirà il 4 dicembre prossimo. Il 2018 sarà, dunque, un tempo speciale per la nostra redazione, per tutta la struttura del giornale, per la famiglia dei nostri lettori e per l’Editore che continua a promuovere il progetto avviato grazie alla lucida intuizione e alla tenace volontà di Paolo VI di offrire agli italiani, in quel 1968 colmo di speranze e inquietudini per l’intera comunità civile e di solido e solare cambiamento nella Chiesa del dopo Concilio Vaticano II, la limpida fonte informativa di un grande quotidiano nazionale d’ispirazione cattolica. Siamo consapevoli di tutto questo, e ne siamo felici.
Un modo per celebrare degnamente un’impresa giornalistica è certamente quello di dimostrarne l’attualità e l’efficacia, e a maggior ragione in una stagione elettrizzante e complicata come quella "ibrida" nella quale siamo immersi e che pure definiamo (e sperimentiamo) come il tempo nuovo della comunicazione digitale. Per me, non ne ho certo fatto mistero in questi otto anni di direzione, non ne esistono di migliori. Sarà dunque questo l’impegno posto al cuore della lunga eppure sobria "festa" per il primo mezzo secolo di vita del nostro giornale: continuare a fare bene "Avvenire". Confermarne, cioè, le caratteristiche di affidabilità, completezza e originalità che lo hanno portato a essere stabilmente uno dei principali quotidiani d’informazione del nostro Paese.
E, al tempo stesso, mantenerne la specificità sottolineata dallo stile e dal suo timbro inconfondibile di «giornale d’idee», portatore di un’idea e di uno sguardo davvero «cattolici» – ovvero universali – nel racconto, nell’analisi e nel commento nei fatti e dei processi in corso sulla faccia della Terra e dentro la società umana. Valorizzando ogni dimensione della vita delle persone, delle comunità e del mondo, dando giusta "cittadinanza mediatica" a chi se la vede negata, scegliendo sempre e senza esitazione di stare a fianco dei poveri, dei piccoli e dei deboli, dando lo spazio che merita alla forza buona, e davvero rivoluzionaria rispetto alle logiche del mondo, di coloro che hanno fede in Dio, il Dio di Gesù Cristo, e sono Chiesa, ma anche di tutti quelli che credono con cuore sincero o, comunque, sanno vivere etsi Deus daretur (come se Dio ci fosse) o, ancora, nutrono quella «buona volontà» che noi cristiani sappiamo «amata dal Signore» e necessaria per costruire e abitare nella «casa comune», secondo giustizia e con vera libertà.
Una linea editoriale così ci porta a essere un giornale mai aggressivo, ma stimolante e spesso, scomodamente e quasi inevitabilmente, "fuori dal coro". Ma soprattutto questa fedeltà a valori vivi e contagiosi, si condensa in un duplice «servizio all’unità». Unità nella Chiesa attorno al successore di Pietro, sempre, e oggi con speciale convinzione e gioia nel cammino su cui ci guida papa Francesco. Unità nella città dell’uomo e della donna, attorno a una visione antropologica positiva e mai manipolatoria o cosificatrice della persona e della sua vera dignità. Un mandato che uno straordinario uomo di Dio e comunicatore come Ersilio Tonini, il vescovo e futuro cardinale al quale Paolo VI poco prima di morire chiese di amare, amministrare e sostenere con speciale dedizione "Avvenire", ha sempre ricordato ai miei predecessori e a me. Io credo che, per dei cronisti come noi, questo sia «leggere i segni dei tempi». E ci imponga di tenere viva, con determinazione paziente e umile, la tensione a cercare e proporre, attraverso le verità minuscole della cronaca, la via alla Verità con la maiuscola.
Certo, ci saranno anche eventi e iniziative che cadenzeranno i mesi che ci stanno davanti. E lungo il cammino, useremo certamente a dovere le occasioni che ci sono offerte dalle "Feste di Avvenire", nate in diverse regioni e diocesi italiane dalle appassionate e generose iniziative dei nostri lettori e che in questi ultimi anni si sono moltiplicate, impegnandoci e – lo ammetto – emozionandoci davvero tanto. Ma soprattutto la festa per i nostri cinquant’anni sarà nell’incontro rinnovato con tutta la "gente d’Avvenire" che ci segue attraverso i canali (di carta e digitali) attraverso i quali la raggiungiamo e che ci dà l’energia per dire e condividere «il futuro, ogni giorno».