domenica 22 settembre 2024
I leader del mondo sono chiamati a trovare un consenso per una riforma radicale del modo di governare i beni comuni globali. Il «Patto per il futuro» è una sfida che ci chiama in causa
La Sala dell'Assemblea Generale presso la sede delle Nazioni Unite a New York

La Sala dell'Assemblea Generale presso la sede delle Nazioni Unite a New York - Ansa

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«Là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva». Sono celebri due celebri versi di Friedrich Hölderlin utilizzati da Martin Heidegger nella sua rilettura della catastrofe nucleare.

Possiamo dire che ci troviamo ancora lì, sul baratro di una imminente catastrofe ecologica e civile, che sempre più assume il contorno e la sostanza dello scontro violento per affermare valori e difendere risorse, spinti dall’ebbrezza di un potere tecnologico e finanziario che seduce e illude che qualcuno ne possa uscire vincitore.

Mentre i sistemi vitali del pianeta sono sempre più a rischio, come confermano tantissimi ricercatori e commissioni internazionali, molti governi e i loro popoli pensano di poter continuare a dare priorità agli interessi nazionali piuttosto che a quelli dell’umanità intera; il risultato è la policrisi devastante che è davanti agli occhi di tutti: cambio climatico, guerre, genocidi, prepotenza della finanza globale dei super-ricchi, migrazioni senza regole, disuguaglianze, demolizione delle relazioni cooperative tra diverse parti del mondo.

Unanime è il monito che arriva da molti leader di tutte le più grandi religioni, che hanno ribadito l’urgenza di rigenerare le relazioni interpersonali, sociali e politiche non disgiungendole dalle interazioni con gli ecosistemi naturali, come nella recente “Dichiarazione di Istiqlal” firmata da papa Francesco insieme al Grande imam Nasaruddin Umar durante l’incontro interreligioso nella moschea di Giakarta: «L’attuale crisi ambientale è diventata un ostacolo alla convivenza armoniosa dei popoli (...) I valori religiosi dovrebbero essere orientati alla promozione di una cultura di rispetto, dignità, compassione, riconciliazione e solidarietà fraterna per superare sia la disumanizzazione, sia la distruzione ambientale».

Per rimettere l’umanesimo al centro delle relazioni internazionali, sono stati firmati diversi nuovi accordi e trattati sui diritti umani, sulla protezione di beni comuni più ovvi come l’aria, gli oceani, il ciberspazio, il lavoro, la salute pubblica, i commerci e la pace, a partire dall’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile del 2015.

Per molti è ormai chiaro che il futuro dell’umanità dovrà essere molto migliore del presente, oppure nemmeno ci sarà. Per questo le Nazioni Unite hanno messo insieme un nuovo "Patto per il futuro" grazie a una consultazione durata due anni, attraverso centinaia di riunioni con i governi e le società civili. I leader sono chiamati nei prossimi giorni a trovare un consenso per una riforma radicale del modo di governare i beni comuni globali, recuperando anche diverse regole dimenticate del diritto internazionale. Il patto contiene 60 innovazioni urgenti, globali, politiche, economiche e sociali e centinaia di profonde trasformazioni nel modo di governare le questioni internazionali, compresa una importante riforma del sistema delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza. Il patto sarà accompagnato da una “Dichiarazione di impegni per le nuove generazioni” con 22 azioni per rimettere il futuro comune al centro delle trasformazioni necessarie per lo sviluppo inclusivo e sostenibile del mondo. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha detto che «il vertice del Futuro è un’opportunità per concludere accordi di ampia portata sulla collaborazione internazionale per un mondo più sicuro, più sostenibile e più equo. Cogliamola al volo».

Al Palazzo di Vetro di New York, capi di Stato e di governo e centinaia di leader delle imprese e della società civile organizzata di ogni parte del mondo lavoreranno per dare corpo ad un processo che dovrà essere concreto, diffusivo e condiviso. Si tratta di una straordinaria occasione di partecipazione che dovrebbe trovarci più informati e più disponibili a prendere parte secondo quello spirito di coinvolgimento e di attivazione che ha ispirato già l’Agenda 2030.

Siamo fiduciosi che da questo Summit possano gettarsi le basi per una nuova architettura della globalizzazione che potrà produrre nuove regole del gioco, ma siamo altrettanto convinti che occorrerà tantissimo lavoro artigianale di base che prenda forma in azioni concrete di partecipazione, informazione e formazione, advocacy e social engagement, anche per spingere tutti i Paesi, anche l’Italia, a dare seguito concreto agli impegni che liberamente verranno assunti.

Tale processo di mobilitazione dal basso e di attivazione di risorse e responsabilità troverà le nostre comunità cristiane pronte e sollecite? Il cammino sinodale, in ricerca di nuove forme pastorali per corrispondere all’improrogabile rinnovamento ecclesiale più volte chiesto da papa Francesco, potrebbe essere un’opportunità a condizione che sia un percorso non astratto né autoreferenziale e che sappia intrecciare queste due grandi istanze di cambiamento e di trasformazione, realizzando una sintesi vitale e creativa.

Spetta in particolare ai laici credenti animare questo spazio di esercizio della propria capacità di generare e dare vita a nuove forme di convivenza civile e a istituzioni nuovamente capaci di promuovere la giustizia e la pace, mai da soli ma costruendo in modo instancabile sempre alleanze con tutti, che siano spazio di dialogo nel pluralismo e segno di fraternità.

Elinor Ostrom, poco prima di morire lanciò un monito forte: «Ci resta un decennio di tempo per agire prima che il costo economico delle attuali soluzioni praticabili diventi troppo elevato. Senza azione, rischiamo cambiamenti catastrofici e forse irreversibili al nostro sistema di supporto vitale». Ecco perché non c’è proprio tempo da perdere.


Sandro Calvani, Presidente del consiglio scientifico dell’Istituto internazionale per la Pace “Giuseppe Toniolo”

Enrico Giovannini, Direttore scientifico dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile (ASviS)

Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana

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