Piergiorgio Pescali
A pochi chilometri da Amman, la capitale della Giordania, in mezzo ad un paesaggio collinare costellato da uliveti e fattorie, sorge uno dei più importanti e avanzati centri di ricerca del Medio Oriente: Sesame, acronimo di Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East (Luce al sincrotrone per la scienza e applicazioni sperimentali). Qui ricercatori di laboratori e università del Medio Oriente hanno a disposizione l’unico sincrotrone della regione, un acceleratore di elettroni che permette di analizzare la composizione chimica, strutturale ed elettronica della materia.
«Gli esperimenti effettuati a Sesame hanno permesso di condurre ricerche approfondite sono solo in campo archeologico, ma anche in quello energetico, in particolare sui gas sintetici, lo sviluppo di batterie più performanti, i sistemi di accumulo» sostiene Khaled Toukan, ingegnere nucleare, presidente della Commissione giordana per l’energia atomica e direttore di Sesame. Toukan, mentre mi mostra i risultati di squadre di scienziati che hanno lavorato con il sincrotrone qui in Giordania e che sono stati pubblicati su riviste quali Nature e American Chemical Society, chiosa: «Andiamo particolarmente fieri di una ricerca su nuovi materiali adatti all’assorbimento di CO2 effettuata in collaborazione con l’Università della California a Berkeley».
Ma oltre ai successi scientifici, Sesame è un progetto che ha attirato l’attenzione della comunità internazionale anche per la sua attività nel campo della distensione politica. In una regione che, per utilizzare l’espressione di Toukan, «nelle ultime decadi non ha vissuto in armonia», il centro di ricerca si è distinto per la sua attività di diplomazia scientifica. Anzi, per dire la verità, fu proprio questo il motivo per cui negli anni Novanta del secolo scorso, alcuni scienziati sfruttarono il loro personale prestigio e quello delle istituzioni in cui lavoravano, per lanciare una scommessa che, allora, pareva impossibile: creare un centro di ricerca internazionale che coinvolgesse nel comune linguaggio della scienza, studiosi e istituzioni di Paesi che sul piano politico faticavano a trovare una forma di dialogo. Furono i fisici Adbus Salam, pakistano, e l’israeliano Eliezer Rabinovici, dell’Università ebraica di Gerusalemme, assieme ai colleghi Sergio Fubini e Herwig Schopper, allora direttore del Cern, che proposero, in tempi e modi diversi, la creazione di un sincrotrone in Medio Oriente. Pochi avrebbero scommesso il classico cent sulla riuscita del progetto, ma la tenacia di Fubini e Schopper, a cui si aggregarono altri colleghi, tra cui Herman Winick e Gustav Adolf Voss, compì il miracolo.
Come sede in cui costruire il sincrotrone fu scelta la Giordania per via delle buone relazioni diplomatiche che il Paese intratteneva con tutte le capitali del Medio Oriente. Il nome stesso derivante dall’acronimo del progetto, Sesame, era altamente simbolico: oltre a ricordare la frase magica della favola di Ali Baba e i quaranta ladroni che apriva le porte della grotta in cui era custodito un enorme tesoro, il sesamo è anche un ingrediente comune in tutte le cucine regionali e la base con cui si produce la tahina, il condimento presente nella maggior parte dei piatti medio orientali. Eccome la cucina è spesso utilizzata negli incontri ufficiali per ammorbidire i contrasti tra le varie delegazioni, ecco che Sesame è divenuto famoso anche per permettere a delegazioni di Paesi che si sono giurati eterna battaglia, di trovare un luogo in cui confrontarsi. Così tra gli otto membri permanenti troviamo l’uno accanto all’altro nomi di nazioni che difficilmente riusciremo a trovare da qualche altra parte: Turchia e Cipro, ad esempio, ma anche Israele con l’Autorità palestinese, l’Iran, il Pakistan, oltre che Egitto e Giordania.
«Diversi Paesi europei furono decisivi nella fondazione di Sesame» afferma Andrea Lausi, direttore scientifico della struttura con un passato all’Elettra-Sincrotrone di Trieste. «L’Italia, oltre ad aver finanziato la Guest House che ospita i visitatori del centro, contribuisce ogni anno con cinque milioni di euro». La Germania donò il sincrotrone dismettendo la macchina di terza generazione Bessy (Berliner Elektronenspeicherring-Gesellschaft für Synchrotronstrahlung) dal centro di Berlino. I giornali del tempo, parliamo della fine degli anni Novanta, andarono a nozze: una macchina che da una città divisa andava unire Paesi che erano ai ferri corti. «Dal punto di vista politico era una storia bellissima» spiega Lausi, che continua: «Da quello scientifico, invece, era una pessima idea perché si trattava di costruire una macchina che ne replicava una degli anni Ottanta, quindi già vecchia. Però questa pessima idea ha avuto il buon risultato di mettere qualcosa sul tavolo, per cui Paesi che stavano discutendo se e come costruire un sincrotrone si sono trovati qualcosa di concreto. E questo “qualcosa” è oggi diventato Sesame».
Andrea Lausi, direttore scientifico di Sesame - Piergiorgio Pescali
Sebbene il lavoro al sincrotrone coinvolga piccoli team di laboratorio e quindi si abbiano, a livello di ricerca, meno scambi internazionali di quanti se ne abbiano, ad esempio all’Lhc del Cern, Khaled Toukan sostiene l’importanza della diplomazia scientifica rappresentata da Sesame: « Da quando, nel 2004, è stato stabilito il comitato di Sesame, i rappresentanti degli otto Stati membri hanno sempre partecipato alle riunioni semestrali. Questo nonostante il Medio Oriente abbia passato crisi come l’invasione dell’Iraq, la crisi siriana, quella iraniana ed oggi la guerra di Gaza».
Insomma, Sesame, oltre al suo obiettivo primario, fare, cioè, ricerca scientifica, è anche un mezzo di dialogo quando la politica è impossibilitata a farlo. Ma quale sarà il futuro di Sesame? Nonostante l’Europa, assieme agli Stati Uniti e al Giappone, continuino a sovvenzionare quasi interamente la struttura, la situazione finanziaria del centro non si può dire certo rosea. Ancora una volta, l’Unione Europea è venuta in aiuto sovvenzionando interamente un impianto solare che, dal 2019, alimenta pressoché interamente il sincrotrone riducendo la bolletta energetica da 3,5 milioni a soli 150.000 dollari annui. Quello finanziario è un problema che sia Lausi che Toukan indicano come il principale ostacolo per il futuro di Sesame: «Stiamo lavorando tantissimo per coinvolgere l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti» interviene Lausi, «ma occorre tenere conto della percezione dell’opinione pubblica e questo, secondo me, non è il momento per un Paese musulmano di entrare all’interno di Sesame».
Siamo quindi in un vicolo cieco? Secondo Lausi no: il futuro di Sesame lo si sta giocando su un altro campo, quello della cultura condivisa. «L’Europa ha aiutato tantissimo il Medio Oriente in campo scientifico, ora è tempo che il Medio Oriente aiuti altre regioni. Sesame potrebbe essere il centro trainante da cui sviluppare la scienza degli acceleratori di particelle in Africa e in Centro Asia».