Nel 1947 gli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago misero in campo un’importante iniziativa entrata nell’immaginario collettivo come «L’orologio della bomba atomica». I lettori di 'Avvenire' lo conoscono bene, e sanno che segnala quanto tempo manca all’eventuale apocalisse nucleare. Mai come negli ultimi mesi ci stiamo avvicinando a questo scenario per il quale mancherebbero appena 100 secondi. Una scadenza terribilmente drammatica.
L’invasione decisa da Vladimir Putin e il conseguente avvio della nuova e terribile fase del conflitto russo-ucraino hanno portato a un confronto militare, neanche tanto nascosto, tra due colossi nucleari: la Russia di Putin e la Nato. Gli armamenti nucleari coinvolgibili sarebbero in grado di distruggere per almeno 100 volte l’intero nostro pianeta. Dai tempi di Hiroshima nel lontano 6 agosto 1945 – esattamente 77 anni fa – mai come oggi i rischi sono diventati reali. Nonostante la mancanza di dichiarazioni esplicite delle autorità responsabili volte al possibile utilizzo dell’arma nucleare, restano le eventualità legate a fattori difficilmente prevedibili qua- li un errore nato da un equivoco nella catena di comando come già successo in diverse circostanze. Esiste in pratica il rischio di una reazione tecnologica-nucleare puramente automatica, data la condizione di tensione e di guerra venutasi a creare.
Questa volta non si tratta della Corea del Sud minacciata dalla Corea del Nord ma della nostra Europa: una comunità con una forte tradizione di pace arrivata con la fine della Seconda guerra mondiale e rafforzatasi ancor più dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Questo lungo impegno ha permesso all’Europa di ottenere nel 2012 il prestigioso Premio Nobel per la Pace, in virtù della sua capacità di trovare una composizione geografica, sociale e una condivisione di valori politici ed economici.
Ecco perché soprattutto in questo tormentato 2022 l’anniversario della prima bomba nucleare sganciata in Giappone nel 1945 non deve essere una semplice celebrazione memorialistica. Mai come in questa circostanza la storia può e deve insegnare. Esattamente come ricordiamo la Giornata della Memoria per esorcizzare e prevenire ogni forma di totalitarismo e di sterminio di minoranze etniche, culturali o religiose, occorrerebbe istituire una giornata della memoria nucleare, che ci ricordi che non esiste un altro pianeta oltre alla Terra. Siamo totalmente sprovvisti di un 'piano b' in caso di catastrofe atomica: non esiste un luogo in cui rifugiarsi che ci consenta di sopravvivere come specie umana.
La nostra generazione ha la responsabilità etica e politica di evitare l’utilizzo di queste armi di distruzione di massa, anche nel caso in cui restino, come diceva il grande psicanalista Franco Fornari, un puro semplice deterrente: Hiroshima può essere lontana come memoria, ma molto vicina nei processi storici. Occorre, ricordiamolo mentre è riunita la Conferenza di riesame del Tnp, il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, che nelle agende delle diplomazie internazionali torni la priorità della radicale riduzione degli arsenali atomici. Guerra e armi sottraggono enormi risorse allo sviluppo di migliori condizioni di vita per tutti. Specie nel campo della salute e dell’educazione. Le parole di papa Francesco non smettono di risuonare e di indicare queste necessità. Tarda l’ascolto da parte dei capi politici. Troppi di loro continuano a pensare, come nell’Ottocento, che la produzione di armi possa spingere la crescita economica. O, ancora peggio, che la violenza sia la levatrice della storia.
Liberare l’immaginario comune dalla guerra, sovvertire - come è stato ribadito su queste colonne la logica stessa della guerra, cancellare la possibilità dell’uso delle testate nucleari, rappresenta il lascito morale di Hiroshima. Non solo celebrazione, ma anche memoria di resistenza.