I viaggi di Paolo VI erano altrettanti messaggi. Quelli di Giovanni Paolo II abbracci che avevano come destinatari i popoli visitati. Francesco viaggia anche e soprattutto per sottolineare i temi portanti del suo pontificato. Una differenza che, pur nella continuità della scelta di continuare a viaggiare, si può apprezzare anche in questo 45° itinerario internazionale del Pontefice argentino, il quale tocca nazioni (Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore) già visitate dai predecessori (l’Indonesia da entrambi, le altre tre solo da papa Wojtyla), ma con una differente ispirazione di fondo.
Potremmo definirlo, infatti, il viaggio della “Fratelli tutti”, perché davvero il mosaico di popoli, territori (solo l’Indonesia ha 17mila isole), culture, religioni e questioni geopolitiche che il Pontefice toccherà con mano trovano un centro di gravità permanente proprio nella volontà di Francesco di diffondere questo messaggio di fratellanza e pace, basato sul Vangelo, ma offerto a ogni abitante del pianeta, indipendentemente dal suo credo religioso.
L’enciclica “Fratelli tutti” è sinonimo di molte cose. Anche del rapporto con l’Islam e le altre religioni. Ciò vale soprattutto per l’Indonesia, il Paese con più musulmani al mondo, dove la convivenza tra cristiani e islamici è garantita dalla Costituzione, ma costantemente messa a rischio da frange fondamentaliste che negli anni scorsi hanno organizzato sanguinosi attentati a Giava e a Bali. Francesco, perciò, firmerà con l’imam di Giacarta una dichiarazione che ricalca il documento siglato a suo tempo con il grande imam di al-Azhar. Per ribadire che la violenza in nome di Dio è una bestemmia. E che si può essere fratelli anche se si professano religioni diverse.
Né si può dimenticare che la fratellanza fra gli uomini richiede anche una comune custodia della casa comune. Ecco, dunque, un altro dei grandi temi del viaggio, quello ambientale. In Papua Nuova Guinea l’attentato alle risorse naturali del pianeta è divenuto oggi sempre più evidente. Non solo perché l’Oceania è continente particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici, che portano all’innalzamento del livello degli oceani, ma perché in questo paradiso naturale sospeso tra cielo e mare recenti sfruttamenti minerari stanno producendo danni gravissimi all’ecosistema. Si può essere fratelli tutti senza rispettare la natura e chi da essa trae il suo sostentamento? La risposta è insita nel magistero del Papa. E non è difficile ipotizzare che venga riproposta anche in questa occasione.
Una terza declinazione dell’enciclica che fa da sfondo al viaggio è il ruolo dei cristiani nella regione. Minoranza in Indonesia e a Singapore, maggioranza a Timor Est (97 per cento di cattolici) e in Papua Nuova Guinea (36 per cento di cattolici, 33 di evangelici), in tutti i casi, però, essi rappresentano un fattore di stabilizzazione e di pace. Fratelli di tutti, perché questa è la vera vocazione del cristiano. E dunque promotori di carità e di accoglienza dei rifugiati, animatori di istituzioni educative, coscienza critica anche nelle situazioni come Singapore, dove l’enorme sviluppo economico e tecnologico (questa città-Stato è anche il territorio con la più alta concentrazione mondiale di Paperoni in rapporto alla popolazione) rischia di creare squilibri antropologici. Fratelli tutti significa anche prendersi cura dei poveri, come sempre chiede Francesco e come è probabile ripeta anche nel corso del viaggio.
Proprio la tappa a Singapore, dove il 25 per cento della popolazione è cinese, potrebbe essere anche l’occasione per lanciare ulteriori segnali oltre la Grande Muraglia. L’accordo tra la Santa Sede e le autorità di Pechino per la nomina dei vescovi (anche se non piace a tutti) è un fatto che ha prodotto risultati, dopo decenni di impasse. Sarà possibile sviluppare anche qui una fratellanza che porti al pieno riconoscimento della libertà religiosa e di culto?
Il viaggio della “Fratelli tutti”, dunque, contiene al suo interno una molteplicità di temi e di messaggi. Ed è significativo che venga intrapreso dal Papa a 87 anni e alla vigilia del Giubileo della speranza. In fondo si potrebbe ripetere anche in questa occasione una frase di Gioele cara a Francesco: «I vecchi faranno dei sogni, i giovani avranno visioni». Il sogno del “vecchio” papa Bergoglio è un mondo in pace. E con questo sogno si presenta in Asia e Oceania per innescare visioni di fraternità nei giovani, di cui questi continenti sono ricchi.