Da domenica sera, su molti media, si è parlato di sconfitta di Angela Merkel, anzi addirittura di «schiaffo», a causa della politica sui rifugiati. Eppure, se si analizzano i risultati delle elezioni nei tre
Länder tedeschi, appare evidente che non c’è stato un plebiscito contro la politica di apertura ai rifugiati. I dati sono eloquenti in tutte e tre le zone interessate al voto.Nel Baden Württemberg, uno dei polmoni dell’industria tedesca, ha vinto il verde Kretschmann, che sui migranti ha sempre sostenuto le posizioni della signora Cancelliere. Nella Renania Palatinato, nella Germania sud-occidentale, si è imposta la presidente uscente Malu Dreyer, socialdemocratica, aperturista sui rifugiati, battendo la candidata della Cdu Julia Klöckner, che su questo argomento aveva preso le distanze dalla sua stessa leader. Nella Sassonia Anhalt, nella Germania orientale, in cui forti sono le proteste contro la politica di accoglienza del governo, la Cdu resta il partito principale con quasi il 30% dei voti.Quindi, i partiti favorevoli a serie politiche di apertura nei confronti dei rifugiati (in particolare Cdu, Spd e Verdi), hanno, nelle zone dove i cittadini si sono espressi, circa l’80% dei consensi degli elettori. Inoltre, la riconferma, nei tre
Länder, dei ministri presidenti uscenti, manifesta il desiderio di stabilità dell’elettorato tedesco. Altro dato interessante è la crescita della partecipazione al voto, tra l’8 e il 10% in più rispetto al passato. È forse presto per analizzarne il significato, ma è indubbio che la questione dei rifugiati abbia contribuito a 'movimentare' la politica e l’elettorato tedesco. In Sassonia Anhalt la maggiore partecipazione al voto ha giocato soprattutto a favore dei populisti dell’Afd (
Alternative für Deutschland, Alternativa per la Germania). Essa segnala anche il generale desiderio dei cittadini di partecipare alle decisioni sul futuro del proprio Paese, sempre più consapevoli che in questi anni si stiano ponendo le basi della Germania che sarà.
FrauMerkel ha detto più volte che nel mondo globale la società tedesca, se vuole avere un domani, deve essere aperta. Ed è un fatto, che nonostante tensioni e narrazioni mediatiche eccitate, dall’estate 2015 la forte mobilitazione della società civile in favore dei rifugiati, non accenna a diminuire mostrando un volto solidale dei tedeschi, che negli ultimi decenni sono sempre stati pronti a rispondere con generosità davanti alle catastrofi e alle crisi umanitarie. In queste ore si è anche parlato di una fine dei grandi partiti popolari tedeschi. Ma è davvero così? In realtà, oltre a considerare il fisiologico peso che hanno sempre i candidati in elezioni locali, come quelle dei
Länder, pur constatando una perdita di consensi, ci troviamo sempre davanti a percentuali importanti, intorno al 70%. Fatto raro e rilevante nel panorama europeo. Va registrato poi il ritorno sulla scena politica dei liberali, dati per spacciati fino a qualche giorno fa. Naturalmente destano preoccupazione i risultati dell’Afd. Un partito populista ed euroscettico, cresciuto notevolmente in pochi anni, che conta già deputati in alcuni parlamenti regionali, in quello europeo, ma non a livello federale. Diffusosi inizialmente nelle regioni orientali, un tempo parte della Germania comunista, ha pescato nel malcontento di chi è escluso dal benessere generale, avvicinandosi negli ultimi mesi al movimento xenofobo
Pegida e cavalcando le proteste contro i rifugiati. È stato superato il tabù del dopoguerra, quello del rifiuto di un partito di estrema destra al governo? È presto per dirlo. Va detto che non è la prima volta che una formazione del genere riscuote un certo consenso elettorale in Germania. Basti pensare ai
Republikaner poi rivelatisi un fuoco di paglia. Anche un partito non di estrema destra, ma di forte protesta come i
Piraten ha avuto vita breve. In attesa delle elezioni politiche del 2017, occorre quindi ricordare che la stabilità resta la principale preoccupazione dei tedeschi. E la politica dell’accoglienza, che finora ne è stata parte integrante, rimane uno dei nodi da sciogliere per tutta l’Unione Europea, che dovrà scegliere fra i muri che richiamano al passato e i ponti che promettono un futuro di sviluppo e d’integrazione. La Germania ha ancora molto da dire perché l’Europa si ricordi delle sue radici di solidarietà, diritto e pace.