Celebrata la prima edizione degli Stati Generali della Natalità, e rilanciato il grande tema dell’emergenza demografica che, in virtù della difficoltà di molte famiglie nel guardare con fiducia al futuro, comprime le prospettive del nostro Paese, dovremmo chiederci: quali altri passi servono adesso? L’evento di metà maggio, organizzato dal presidente del Forum delle Famiglie, Gigi De Palo, ha offerto per la prima volta dopo anni non solo l’occasione di parlare in positivo della dimensione famigliare, ma anche l’opportunità di raccontare l’importanza dell’istituzione-famiglia inserendola in un discorso pubblico spesso impegnato a guardare altrove.
Il «futuro che manca» e «l’Italia che scompare», se vengono meno le nascite e le famiglie, come hanno evidenziato papa Francesco e il premier Mario Draghi, sono questioni di una tale importanza che, dopo una presa di coscienza di questo livello, ora dovrebbero quantomeno dar vita a un’agenda. Il declino demografico è il nostro male? Bene, cosa facciamo? Non è una domanda retorica. Perché se l’assegno unico si prepara al debutto, e tutti i princìpi che ispirano il Family Act della ministra Elena Bonetti sono stati recepiti nel Pnrr, questo non può essere una risposta sufficiente e definitiva. Il problema è noto, le idee ci sono, la convergenza politica è verificata, ma sul fronte delle politiche per la natalità, cioè delle misure per aiutare le persone a realizzare i propri progetti di vita (e non certo ad avere i figli che non vogliono) sull’aspetto cioè degli interventi necessari, si avverte la presenza di un grande vuoto: quello delle risorse.
L’assegno unico, così come gli altri interventi delineati per sostenere la natalità, hanno una dotazione che si deve avere il coraggio di ammettere essere non sufficiente. I 6 miliardi di euro aggiunti ai 14 che già si spendevano per i limitati benefit monetari alle famiglie, e ampliare la platea di beneficiari del nuovo strumento, non permetteranno di varare una misura adeguata alla sfida che si vuole affrontare. Tutti gli studi in materia dimostrano chiaramente che i soldi cash non sono il primo e unico motore delle nascite, ma le risorse diventano veramente determinanti quando sono consistenti.
L’Italia, in questo senso, non può accontentarsi di alzare di qualche punto la modesta spesa per le politiche familiari che resta inferiore alla media europea, ma ha bisogno di raddoppiarla, portandola al 3-4% del Pil, come nei Paesi che sono riusciti a invertire la tendenza demografica negativa.
Servono più risorse, ma probabilmente occorre anche che ci siano più esperti di politiche familiari, magari un tavolo permanente e indipendente, col piacere di essere di maggiore stimolo alla politica.
D all’approvazione della legge delega sull’assegno unico sono state diffuse molte simulazioni su come potrebbe essere o come dovrà essere il nuovo benefit. Studi interessanti e utili, che hanno fatto emergere molti aspetti di cui si dovrà tenere conto. Ma più che di simulazioni sull’esistente, e su quanto 'concesso', andrebbe mostrato che in realtà il Re è nudo. Serve cioè il coraggio di dire che lo stanziamento per l’assegno-figli, 20 miliardi, non basta allo scopo, se si vuole affrontare veramente la crisi demografica e vincerla. I 6 miliardi aggiuntivi, per avere un’idea, sono circa la metà di quanto è costato il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti con redditi medi, ed è la medesima cifra stanziata nel marzo 2020 per ampliarne l’importo a 100 euro, ma è anche poco più di quanto destinato al Cashback di Stato sui pagamenti elettronici.
Veramente pensiamo che questa cifra possa condurci dall’inverno demografico a una primavera di nascite? Certo, se il Piano nazionale di ripresa e resilienza avrà efficacia, migliorando le condizioni economiche del Paese, la spinta indiretta alla natalità non sarà irrilevante, e l’approvazione di tutte le riforme previste dal Family Act dovrebbero riuscire a svolgere una funzione significativa. Ieri Draghi ha rafforzato il concetto, ricordando che l’intero scopo del Pnrr è fare dell’Italia «un Paese per giovani», dalle misure per il lavoro a quelle per i mutui casa delle giovani coppie previste dal decreto sostegni- bis.
Tuttavia la vera questione da affrontare resta quella di sempre: assegni per i figli, agevolazioni fiscali alle famiglie, asili nido, congedi parentali e altro, non possono restare concetti declinati in misure-simbolo, ma hanno bisogno di risorse adeguate ad assicurarne l’universalità, restituendo valore e sostanza alle buone intenzioni. È su questo aspetto che si deve essere in grado di fare, e in fretta, un passo più deciso.