Caro direttore,
nei giorni scorsi ero a Berlino. Mi è capitato di guardare una vetrina di articoli da regalo in Friedrichstraße, a trenta metri dal famoso checkpoint Charlie, nel versante ex-orientale. Erano esposte delle magliette e su una di queste era stampata un’Ultima Cena con, al posto di nostro Signore, una rana. Vabbè che ci stiamo abituando a ogni sorta di dileggio (pardon, satira!) ma non si sono forse superati i limiti? Oggi più che mai! Non sono potuto entrare nel negozio a protestare perché era chiuso per una festività civile. Non oso pensare a cosa si sarebbe detto, e fatto, se al posto di Dio fosse stato raffigurato malamente un qualsiasi profeta di qualsivoglia altra religione! Siamo stati ben informati dai media in tal senso nelle scorse settimane… Possibile che solo i simboli del cristianesimo, e in particolare del cattolicesimo, possano essere impunemente dileggiati e bestemmiati? E nel silenzio quasi totale, specialmente dei media. Ho letto, al mio ritorno, la sua risposta al lettore Marco Bernardini (Avvenire del 30 settembre). Credo sia giunto il momento di gridare («Ciò che vi dico all’orecchio gridatelo sui tetti» Mt 28,18) che così non va. O dobbiamo solo dialogare irenicamente per un sincretismo che non ci faccia più riconoscere, anche con la ragione, la verità? Mi permetta la banalizzazione, ma si può ancora dire, per esempio, che un cellulare è diverso da un televisore e da un’astronave o dovremo solo dialogare per arrivare ad una impossibile, e falsa, sintesi? Esiste una verità oggettiva o no? Esiste, ed è ancora possibile dirlo e soprattutto testimoniarlo, che esiste una Verità che si è rivelata e incarnata e che si può incontrare ancora oggi, specialmente nella sua Chiesa cattolica? O dobbiamo trovare una sintesi anche in questo? Non dobbiamo solo dialogare, siamo addirittura stati invitati ad amare perfino i nemici! Ma senza una chiara identità non si va da nessuna parte: questa sintesi e identità ci è già stata data e si chiama Croce di Cristo e Chiesa cattolica, che è una comunione e non un sociologismo e che non è fatta da noi ma ci viene donata perché la vive innanzitutto il Dio-Trinità che ce la trasmette e dunque ci possiede. Per finire, è questa l’Europa liberale, progressista e democratica che stiamo costruendo? Quella che vorrebbe impedire ogni manifestazione pubblica della fede nella verità? O che ci chiede una tolleranza scipita che serve solo a essere buttata? Questa sarebbe la laicità? Che disastro stiamo preparando per i nostri figli e nipoti! Credo che gridare, o se preferisce, dire chiaro e ad alta voce, queste cose sia il primo compito dei cattolici, perché sono parte integrante del vivere la fede con le opere della quotidianità, pur con tutti gli errori e i peccati che commettiamo. Smettiamola con l’interessarci solo di cose anche importanti per il mondo: le cose di Dio, anche quelle apparentemente più piccole, non sono forse più che importanti, essenziali?
Sergio Rovelli, Domaso (Co)
E lei parli forte, caro amico. Protesti civilmente e con fermezza per l’offesa che viene fatta a Lui e a noi. Gridi con stile evangelico, quando questo serve a svegliare chi dorme o non vuol vedere o finge di non capire. Così come noi "gridiamo", ogni volta che è necessario, per quanto può riuscirci un giornale, per segnalare un insulto scagliato, un’ingiustizia commessa, una persecuzione pianificata, una violenza inflitta. Contro i cristiani e contro ogni altro uomo e ogni altra donna, ma con speciale e assidua vicinanza ai nostri fratelli di fede in Gesù, vero Dio e vero uomo. Non c’è altra e più essenziale "sintesi" che questa per un cristiano e soprattutto per un cattolico, caro signor Rovelli. Un cattolico che invece non ama Gesù e non ama la Chiesa, potrà nutrire le migliori intenzioni, trovare le migliori parole e camminare con passo apparentemente spedito agli occhi del mondo, ma non andrà lontano neanche nell’incontro con gli altri, i "diversi" e i "distanti". Sono d’accordo con lei: per essere capaci di vero dialogo, come cento e cento volte è stato scritto su queste pagine, bisogna sapere chi siamo e in che cosa crediamo. Con chiarezza e senza presunzione. Ricordando sempre – Benedetto XVI ci ha richiamati a farlo anche lo scorso 30 settembre – il monito di sant’Agostino: «Come nella [Chiesa] Cattolica si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della [Chiesa ] Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» ("Sul battesimo contro i donatisti", PL 43, VII, 39, 77). E, ancora secondo l’insegnamento e l’intenzione del Papa, «lodando il Signore per l’infinita "fantasia" con cui opera nella Chiesa e nel mondo».