Caro direttore,
stasera ho fatto una breve passeggiata lungo i marciapiedi del mio quartiere. È fine anno, tempo di bilanci. Ero calato nei miei pensieri, quelli tipici di un genitore, di un marito, di un lavoratore. Sarà stata l’intensità delle preoccupazioni che avevo nella mente, ma per un attimo mi sono estraniato da tutto. Passeggiavo, evitavo le buche, ma ero dentro i miei pensieri. Improvvisamente, comincio a guardare le vetrine dei negozi e i balconi dei palazzi. Quante luci e stelle dorate, quanti alberi finti ricoperti di una miriade di altre luci colorate. Allora mi sono chiesto se un extra–terrestre fosse al mio posto, comprenderebbe il motivo di quelle luci e di quest’aria di festa? Ho fatto lo sforzo di non essere più io. Io come un extra–terrestre cercavo da capire cosa significassero quelle luci e quale fosse la festa che stava per arrivare. Continuando a camminare, mi sono ritrovato di fronte alla vetrina di un grande negozio di elettronica. Dietro, vi era un pupazzo vestito di rosso, con una grossa pancia, con la barba bianca finta e un finto sorriso stampato sul viso finto. Gli occhi, dietro un paio di grandi occhiali, erano fissi e finti. C’era una polvere simile alla neve intorno a quel pupazzo, anch’essa finta perché dentro un negozio non può nevicare. Faccio caso che quel pupazzo domina nelle vetrine dei negozi, dietro i banconi dei bar, dentro i supermercati. Ne vedo anche qualcuno che sembra arrampicarsi sui balconi. Da extra–terrestre capisco che la festa è per lui. Un intero quartiere, un’intera città, un’intera nazione, un’intera umanità si veste di festa per quel pupazzo. Che strana che è l’umanità. Poi rientro in me stesso e capisco che del vero Festeggiato non c’è traccia apparente nella case della mia città e quel che è peggio non c’è traccia nel cuore delle persone. Il Festeggiato d’eccezione è Gesù che sta per nascere. Allora le case, le vetrine, le strade dovrebbero ricordarci che la festa è per Lui. E invece no.
Giovanni Tripepi, Reggio Calabria
Caro direttore,
che tutto sia una finzione, che la Festa in cui si intessono luci e colori sia artificiale, che il valore del presepe sia il contorno e non il centro, questo è il rischio non del Natale, ma di come lo si vive, di come lo si costruisce, degli ingredienti che gli vengono dati. Così il clima è Natalizio, si parla anche di Gesù, ma come se fosse un personaggio della storia, che è nato 2019 anni fa e ha compiuto la sua missione in quel limitato periodo. Lo si ricorda, a Lui è dovuto il Natale, però al centro della festa vi sono le nostre abitudini, amplificate al massimo. In questo modo il Natale viene avvolto in un sottile nichilismo che lo soffoca, è la dolce morte del Natale. Io lo sento che è così, vorrei astrarmi dal mondo, ma Gesù è venuto a prendermi mentre me ne stavo andando e mi ha preso per mano accompagnandomi a entrare dentro la realtà che sottilmente lo nega per testimoniare che Lui c’è, che Lui entra oggi dentro il mondo, viene oggi a casa nostra, si ferma a parlare con noi al nostro bar, si china a lavorare assieme a noi. Non ci sono due feste di Natale, una vera e una falsa, c’è un solo Natale, Lui che entra in questo mondo, così come è. Buon Natale.
Gianni Mereghetti, Abbiategrasso (Mi)
Queste due lettere si rincorrono e dicono tanto del Natale così come lo viviamo, così come lo dovremmo sentire, così come è nonostante tutto. Sono grato ai due amici lettori, un uomo di Ricerca e un uomo di Scuola, che me le hanno inviate. Perché posso limitarmi ad accompagnarle in pagina e sotto gli occhi di tanti altri lettori su carta e sul web, invitando tutti a leggerle come parte (stavo per scrivere partiture…) di quello stesso “concerto di parole” che oggi, ultima domenica di Avvento, nelle nostre pagine delle Idee si sviluppa grazie anche all’ultimo articolo della splendida serie che Luigino Bruni ha dedicato ai biblici Libri dei Re: un elogio della piccolezza e un’ulteriore, spiazzante e rincuorante riflessione sulla verità e sulla forza del nostro Dio sconfitto, sino alla morte di croce, ma per sempre «Dio con noi» e, dunque, cuore e ragione della nostra speranza...
La seconda lettera, quella del professor Mereghetti, nel segno di questa fede e di questa consapevolezza – «Non ci sono due feste di Natale, una vera e una falsa, c’è un solo Natale: Lui che entra in questo mondo, così come è»– capovolge la chiusa amara e incalzante della prima lettera – «Allora le case, le vetrine, le strade dovrebbero ricordarci che la festa è per Lui. E invece no». Ed è giusto così. Anche a me, leggendo la lettera–viaggio dicembrina in un città italiana del XXI secolo dopo Cristo del dottor Tripepi, è venuto da esclamare «E invece sì!». A questa reazione, ne sono certo, lui mirava. Ma noi sappiamo che reagire a parole non basta. Occorre cambiare la realtà, entrare a nostra volta nella storia e nelle storie del tempo che ci è dato, occorre contribuire a costruire e abitare la città in modo diverso per essere all’altezza dell’invito del nostro Dio che si fa piccolo e si rivela agli umili. Ci serve di saper attendere e di saper ascoltare. Ci serve di saper vedere e di decidersi a dare e a fare. Buon lavoro a tutti, anche (e forse soprattutto) in questo tempo di festa in cui tanti di più sono tentati dalle domande giuste e dalle giuste risposte.