Allo “ius scholae” serve l’aula. In tutti i sensi
sabato 14 settembre 2024

Le schermaglie parlamentari che sono iniziate sullo ius scholae possono lasciare perplessi. Ma non stupiscono perché appartengono al clima politico di questi anni. Un partito di minoranza (Azione) propone, con un emendamento al decreto sicurezza, di introdurre lo ius scholae negli esatti termini annunciati da Forza Italia in agosto: cittadinanza a chi è nato in Italia e ha 16 anni avendo compiuto la scuola obbligatoria. Ma Forza Italia vota contro, per sottrarsi al “giochino provocatorio” di spaccare la maggioranza, proponendo invece di affrontare il tema, a breve, in una legge organica che rivisiti tutta la normativa risalente al 1992.

L’opposizione risponde che la decisione di Forza Italia «è lo specchio dell’ipocrisia di questa maggioranza» (parole di Marco Furfaro). Noi pensiamo che Antonio Tajani sia sincero quando definisce lo ius scholae «un diritto sacrosanto».

Ma è anche vero che, come ha scritto Danilo Paolini su queste colonne (12 settembre), proprio perché lo ius scholae «non è nel programma di governo», si è persa un’occasione per difendere le prerogative del Parlamento, come luogo in cui posizioni anche diverse si confrontano alla ricerca dell’accordo migliore per il bene comune. Un sogno? Forse. Ma a noi piace ancora coltivarlo.

E ci fa piacere leggere che Marco Furfaro assicura che, quando Forza Italia presenterà il suo progetto, il Partito democratico lo voterà, anche se non del tutto coincidente alla sua proposta, perché «quando si parla della vita delle persone ogni centimetro di miglioramento è benvenuto». Speriamo davvero che ciò avvenga e che non prevalgano ancora una volta i tatticismi di partito, magari motivati dalla logica del “più uno”.

Lo ius scholae (o ius culturae, la sostanza non cambia) è uno di quei temi che riguardano le regole generali di convivenza, che in quanto tali dovrebbero essere ampiamente discusse e condivise, oltre le logiche di schieramento.

Ci sia consentito un modesto suggerimento: accingendosi alla discussione, i nostri rappresentanti in Parlamento, rileggano certi resoconti dei lavori della Costituente. Ad esempio, gli interventi di Aldo Moro, Lelio Basso, Amintore Fanfani, Palmiro Togliatti, Roberto Lucifero, sulla discussione dei principi generali. E si vedrà che anche quando (come nel caso del monarchico Lucifero sul secondo comma dell’art. 3) le opinioni non concordavano, questi dissensi erano espressi con profondità e rispetto e sempre nell’ottica di non voler rinunciare, a priori, alla ricerca di un accordo. Un esempio per tutti: la discussione che precedette la proclamazione dell’Italia come “Repubblica democratica fondata sul lavoro” e il convergere quasi unanime su questa formulazione genialmente proposta da Fanfani.

Questo è il cuore della Costituzione che ci è tanto cara. Quanto al presente e al futuro, Avvenire da anni sta combattendo per il riconoscimento dello ius scholae (o ius culturae). Per capire quanto sia giusta, necessaria e utile questa riforma basti ascoltare la voce degli insegnanti di qualunque grado di scuola, che da sempre ci raccontano, con la lingua della esperienza di vita, quanto sia pericolosa (e incomprensibile per i compagni di scuola) la creazione di un doppio status tra giovani con eguale radicamento, cultura ed educazione. Gli insegnanti sono i più attenti conoscitori dei ragazzi. E dunque i più capaci ad immaginare il futuro. Un buon motivo per seguire il loro consiglio.

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