martedì 15 marzo 2016
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La "prima pietra" è stata posata con la legge di Stabilità, ma ora per costruire davvero uno strumento di contrasto alla povertà assoluta occorre disegnare bene il progetto, centrare le linee d’intervento e fare i calcoli strutturali adeguati. Lo hanno evidenziato fin da subito le audizioni sul disegno di legge delega sulla povertà, avviate alla Camera, confermando quanto sia necessario dotarsi finalmente di una forma di reddito di inclusione. Significative, in particolare, alcune indicazioni fornite dall’Istat che, oltre a ricordare i dati dell’ultimo rapporto pubblicato nel luglio scorso – 4,1 milioni i poveri assoluti, il 6,8% della popolazione pari a 1,4 milioni di famiglie – ha sottolineato come da noi «si spenda meno che nel resto d’Europa per la protezione sociale dei gruppi di popolazione deboli», 10 punti in meno rispetto alla Francia, alla Germania e alla media Ue. E che una percentuale assai residuale di questa spesa, «appena lo 0,7%, meno della metà dell’1,9% di media Ue, è impegnata specificamente per politiche di contrasto alla povertà».  C’è dunque anzitutto un problema di risorse da investire,che devono essere adeguate: lo stanziamento di 1 miliardo per quest’anno può essere un buon segnale di partenza, ma la cifra dovrebbe raddoppiare per il 2017 e crescere almeno a 3-4 miliardi nel 2018 anziché restare fissa a 1 miliardo, per poter coprire non solo 1,2 milioni di persone come prevede il piano del governo, ma almeno progressivamente tutti i 4 milioni di poveri assoluti. Ancora più importante, però, un secondo dato messo in evidenza dall’Istat e sottolineato pure dal Forum delle famiglie: ben «l’84% degli individui che usufruiscono delle misure assistenziali del welfare italiano è anziano» e l’attuale sistema di trasferimenti «agisce soprattutto nel ridurre l’esposizione al rischio di povertà delle persone sole e delle coppie senza figli, specialmente in età avanzata, ma è meno in grado di sostenere le coppie con figli minori e le famiglie numerose con almeno 5 componenti». Come controprova è sufficiente esaminare l’incidenza della povertà assoluta in base alla composizione del nucleo familiare: dal 4,9% per single e vedove/i si sale al 18,6% per le famiglie con 3 o più figli minori, quasi il quadruplo. Un fisco che penalizza i monoreddito e non 'pesa' in maniera adeguata le persone a carico, unito alla stratificazione per categorie del nostro welfare, hanno finito infatti per penalizzare proprio le famiglie e i bambini, che pagano il prezzo più salato della miseria. Se il nuovo strumento di contrasto alla povertà non terrà conto anzitutto del quadro familiare e della sua composizione, ben modulando su questo i diversi interventi, finirà per essere l’ennesima misura monca e inefficace.
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