venerdì 5 aprile 2013
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Caro direttore,
apprezzo molto l’elogio del Papa rivolto alle donne, ma con il dovuto rispetto per quanto mi riguarda ha scoperto l’acqua calda, mi spiego meglio: da dieci anni faccio parte di un’associazione di volontariato, l’Avo, che sostiene chi è solo e soffre nelle case di riposo e negli ospedali, e posso garantire che le donne sono la stragrande maggioranza numericamente parlando, mentre l’impegno e la dedizione che ci mettono nella loro opera glielo lascio immaginare, noi maschi le assicuro "purtroppo" siamo delle autentiche rarità.
Enzo Bernasconi, Varese
Sarà anche una «scoperta dell’acqua calda» (ma in realtà non lo è, né per il tono né per la circostanza), ma mi pare che le parole di Papa Francesco sul «ruolo primario» delle donne nel testimoniare l’evento degli eventi per i cristiani, la Risurrezione di Gesù, e sulla loro immediata e speciale vocazione nella vita della Chiesa sia stata una nuova e salutare "doccia fredda", di quelle cioè che svegliano e rimettono in moto a dovere cervello e cuore: fuori dagli stereotipi polemici e lontano anni luce da rigidità e da rivendicazionismi ben poco evangelici. Sulla scia delle straordinarie e forti riflessioni su differenza, collaborazione e distinta genialità di uomini e donne che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno posto in modo vivo e saldo nella memoria di tutti noi. E suscitando echi anche scomodi, come la bella annotazione fatta ieri da Maria Pia Veladiano su "Repubblica": «La lunga stagione della teologia femminista, che aveva raccontato i limiti scandalosi di una teologia "naturalmente" al maschile, è finita senza lasciare il più atteso dei risultati, ovvero la strada di una condivisione di responsabilità che non passi attraverso il "genere" e attraverso l’ordine sacro». A me, con un’immagine certamente povera e semplice, ma che amo molto, piace dire che nella Chiesa, come nella vita familiare e sociale, per donne e uomini c’è «diverso modo e medesima altezza». Perché? Anche per il motivo che lei cita, caro signor Bernasconi: le donne sono sempre, e da sempre, in prima linea quando c’è da compiere, nella vita delle persone e nella vicenda delle comunità e dell’intero mondo, ciò che è essenziale e buono. È bello dirlo con le parole di Joseph Ratzinger: le donne sono «capaci dell’altro». E ripeterle con quelle di Papa Bergoglio: sono coloro che «aprono le porte».
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