La Chiesa non cerca l’ombra e tantomeno l’oscurità. A volte la subisce, sempre cerca di convertirla. Il documento pastorale sulla «registrazione civile del clero in Cina», pubblicato ieri dalla Santa Sede, ribadisce che «l’esperienza della clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa». Lo aveva già affermato Benedetto XVI nel 2007. Oggi, sotto la guida di Papa Francesco, lo si conferma. Per Roma, il futuro dei "cattolici clandestini" passa per la loro ufficializzazione. È un importante elemento di chiarezza. Molti infatti negli ultimi mesi si sono chiesti chi doveva "assorbire" chi: se cioè i "patriottici" dovessero assorbire i "clandestini" o viceversa. Un modo (politico) sbagliato per porre una questione (ecclesiale) vera: quella dell’unità della Chiesa in Cina, che costituisce una vittoria per tutti e non di una parte sull’altra. E per raggiungerla è necessario che i "clandestini" smettano di essere tali, che cioè siano riconosciuti dalle autorità cinesi.
Diversi segnali, negli ultimi mesi, indicano che queste lo vogliono fare. È una novità positiva. Il problema è come deve avvenire tale riconoscimento. A diversi vescovi è stata proposto di sottoscrivere una richiesta di riconoscimento in cui sono inclusi il principio di indipendenza e il ruolo delle «associazioni patriottiche». Il documento della Santa Sede elenca diversi motivi che spingono ad accettarla: quantomeno da un punto di vista formale, la «libertà religiosa» è costituzionalmente riconosciuta; il dialogo tra la Cina e la Santa Sede ha cambiato ruolo e natura delle associazioni patriottiche; molti vescovi "illegittimi" hanno chiesto e ottenuto la riconciliazione con il Papa e desiderano una sempre maggiore integrazione con i vescovi cattolici del mondo intero: insomma, anche la Chiesa "ufficiale" oggi si sente e appare cattolica.
La questione più delicata riguarda la persistenza della parola "indipendenza" in queste dichiarazioni. Tutto dipende da quale interpretazione se ne dà e questa è quella proposta dalla Santa Sede: «l’Accordo Provvisorio del 22 settembre 2018, riconoscendo il ruolo peculiare del Successore di Pietro, porta logicamente la Santa Sede a intendere e interpretare la "indipendenza" della Chiesa cattolica in Cina non in senso assoluto, cioè come separazione dal Papa e dalla Chiesa universale, ma relativo alla sfera politica», (anche se ciò «non significa voler fare di una Chiesa particolare un corpo estraneo alla società e alla cultura del Paese in cui essa vive e opera»). In questa chiave, l’indipendenza non è più un problema.
Insomma, non c’è oggi motivo di credere che lo Stato cinese si proponga la soppressione della Chiesa cattolica in Cina e di ritenere che i "clandestini" debbano temere un assorbimento da parte dei "patriottici". I fatti dimostrano inoltre che indipendenza non implica più separazione dal Papa. Di fronte a tutto ciò «è legittimo aspettarsi un atteggiamento nuovo da parte di tutti», scrive il documento vaticano ed è un’esortazione che riguarda anche vescovi e sacerdoti "clandestini". Già la Lettera di Benedetto XVI lasciava ai vescovi "clandestini" la libertà di scegliere il riconoscimento e più d’uno se n’è avvalso.
Ora invece tale scelta non è solo possibile ma anche suggerita dalla mutata situazione. Il documento vaticano, però, non si ferma qui. Molto rispettosa della coscienza dei cattolici cinesi, indica anche la via che possono percorrere i vescovi o i sacerdoti 'clandestini' qualora avvertissero ancora problemi di coscienza malgrado questi chiarimenti: aggiungere una dichiarazione scritta od orale sulle loro intenzioni. Il testo giunge persino a dire che «la Santa Sede comprende e rispetta la scelta di chi, in coscienza, decide di non potersi registrare alle presenti condizioni». Ma chiede a tutti di rispettare chi sceglie invece di farsi riconoscere ed esorta a non introdurre divisioni nella comunità cattolica. Si appella contemporaneamente alle autorità perché non si pongano in atto pressioni intimidatorie nei confronti delle comunità cattoliche 'non ufficiali'». Il documento conferma la volontà della Santa Sede di favorire il bene della Chiesa in Cina e la sua azione evangelizzatrice e chiede a tutti di «discernere la volontà di Dio con pazienza e umiltà». È da sperare che tale appello venga raccolto. Sembra che domani l’ausiliare d Mindong, Guo Xijin, non parteciperà a una concelebrazione con il suo vescovo, malgrado nel suo caso la richiesta di riconoscimento non ponga problemi presenti in altri casi, per solidarietà con una parte del clero. Ecco una situazione che potrebbe risolversi presto.