sabato 6 luglio 2024
Guardo i nostri giovani che dedicano il loro tempo, le loro energie, il loro affetto ai più piccoli. Osservo da lontano la delicatezza e la maturità con cui trattano i più scontrosi e problematici
La festa di un oratorio estivo

La festa di un oratorio estivo - Siciliani

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Estate, tempo di vacanze. Non per tutti, purtroppo, tanti bambini e ragazzini sono destinati a rimanere a casa, con il caldo che incombe e il desiderio di evadere. Estate, scuole chiuse, dolce far niente, noia pericolosa all’orizzonte, che bisogna a tutti i costi tenere a bada. Servono idee e volontari; fantasia, spazi liberi e voglia di stare insieme. Volontari: persone che, a titolo gratuito, mettono a disposizione degli altri tempo libero, competenze, fede, ideali. Il tutto condito con tanta pazienza.

Si sviluppano e si moltiplicano i campi estivi parrocchiali. Bambini e adolescenti, giovani e adulti. Insieme. Per giocare, imparare, cantare, ridere. Ognuno dona quello che ha. Gli adulti la propria esperienza, i piccoli, quell’entusiasmo scoppiettante capace di coinvolgere e trascinare nel mondo fatato di quella acerba età in cui la vita è vissuta come un gioco. Imparino gli adulti a prendersi un tantino in giro, a guardarsi allo specchio e farsi una risata mentre notano i primi capelli grigi e la zampina di gallina che - indecente! - inizia ad apparire all’angolo dell’occhio. Imparino cucinare e ad apparecchiare con lo stesso entusiasmo delle figlie quando danno da mangiare alle proprie bambole. Giocando. E divertendosi. Imparino a capire - finalmente! - che non sono le cose, pur moltiplicate a dismisura, a dare gioia ma le relazioni liete intrecciate con le persone. Imparino a gettare ponti che avvicinano le rive e i popoli; le culture, e i sapori; gli odori, le lingue, le tradizioni e gli usi. Sappiano tramare per vivere con figli e nipotini, vicini di casa e colleghi di lavoro, queste ore di riposo e di grazia.

Complicità. E non si vergognino di intrufolarsi in un sacco o prendere a calci un pallone. Correre, cadere, ridere, giocare. Pregare. “Ama quello che loro amano se vuoi che amino quello che ami” suggeriscono con sapienza i santi di ogni generazione. Ritornar bambini, ci vuole coraggio, non è facile, ma è bello e liberante. E rendi grazie. E credi che l’eternità non basterà per contemplare un Dio che ha creato il mondo e noi per non restare solo; per avere qualcuno con cui giocare. E donandoci, gratuitamente, tutto vuole dirci che nella gratuità è nascosto il segreto vero della felicità. Guardo i nostri giovani che dedicano il loro tempo, le loro energie, il loro affetto ai più piccoli.

Osservo da lontano la delicatezza e la maturità con cui trattano i più scontrosi e problematici. Gongolo. Se l’orgoglio me lo permettesse vorrei chiedere loro perdono per tutte le volte che abbiamo amplificato i loro difetti e sottaciuto le cose belle che hanno realizzato. Una foto struggente in questi giorni ha captato la mia attenzione. È stata scattata nel cimitero di Aversa, la bella città normanna in provincia di Caserta, sede della mia diocesi. Un’intera classe di un liceo, durante gli esami di maturità, commossa, si reca sulla tomba della loro giovane professoressa, morta improvvisamente l’anno prima. Gli studenti non l’hanno dimenticata e, riconoscenti, sono andati a portarle un fiore e dirle “grazie”.

Nessuno faccia l’errore di considerare piccoli gesti come questi. “Grazie” è parola magica. Chi sa pronunciarla non sarà in grado di far del male. Riconosce che tutto è un dono. Che l’atteggiamento migliore con cui bisogna affrontare la vita è l’umiltà, che allontana la prepotenza, vince l’arroganza, affossa la violenza. Umiltà: virtù della quale si è innamorato e s’innamora finanche Iddio. Mentre scrivo, il telefonino s’illumina. È Augusto, suo figlio, Giuseppe Pio, si è appena diplomato con il massimo dei voti. La gioia dell’ingegnere Albo, però, straripa non solo per questo motivo ma perché, in questi giorni, suo figlio, pur impegnato nello studio, ha voluto a tutti i costi essere presente in parrocchia per il campo estivo. Per donare ai più piccoli quelli che, a sua volta, ha ricevuto. Commosso e riconoscente, suo padre mi scrive: “Pio, animatore… una soddisfazione”. Capisco perfettamente.

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