Le lotte di resistenza e di liberazione da un grande male, da un’iniquità, da un’insidia terribile si fanno perché sono giuste e perché sono per tutti. Anche per quelli che al male non credono, di resistenza non vogliono sentir parlare e la liberazione l’intendono soltanto a modo loro.
La Resistenza al nazifascismo è stata fatta per tutti, anche per quelli che combattevano dalla nera parte sbagliata. E la Liberazione è maturata per tutti. È cominciata il 25 aprile 1945 e si è completata tra il 2 e il 22 giugno 1946, con la nascita della Repubblica e con la pacificante amnistia che porta il nome di Togliatti e il sigillo di De Gasperi. Canti e bandiere al vento, armi poco a poco riposte, errori e orrori smessi e superati: una pietra sulla guerra e sulla guerra civile, non sulla memoria necessaria, non sui torti e sulle ragioni. Molti hanno avuto torti, ma quelli che grazie a Dio hanno vinto, i partigiani e le partigiane, i soldati del ricostituito Esercito italiano, avevano infinitamente più ragione. E continuano a meritare il nostro grazie e sono ancora oggi il nostro orgoglio e la linfa della democrazia repubblicana.
Bisogna ripeterlo, bisogna sapercelo dire e ridire, mentre gli anni passano, gli eventi si fanno più lontani e diminuiscono i protagonisti e testimoni diretti di quel primo "25 aprile" e del coraggio, del dolore e del sangue che ci vollero per conquistarlo insieme: credenti e no, politicamente bianchi, rossi, verdi e azzurri. Bisogna custodire e rinnovare il senso della Resistenza e della Liberazione. E tanto più ora, in un tempo in cui, a causa di una pandemia tutt’altro che finita, la minaccia al bene di tutti non è solo e gravemente sanitaria ed economica. In questione c’è ancora e sempre la nostra vera libertà e la nostra intera umanità, e anche questa è cosa che riguarda tutti, pur se la solidarietà a qualcuno sembra superflua e addirittura dannosa. In questione c’è la resistenza a una visione per cui se sei giudicato "irrilevante" diventi invisibile o visibile solo attraverso caricature di comodo. In questione, in definitiva, c’è il concreto valore della vita e della morte.
I partigiani di ieri presero partito per la vita, contro un ideologia di morte che faceva della distruzione dell’altro l’idea-guida di un vagheggiato impero millenario. I resistenti di oggi devono farlo opponendosi a chi torna a prendere partito per la morte davanti all’agonia degli "irrilevanti". C’è da resistere nuovi torti senza nessuna ragione. Di chi non vede i "clandestini" quando annegano. Di chi non si preoccupa dei vecchi e dei fragili che a centinaia ogni giorno anche in Italia continuano a soffocare a causa del Covid (perché il Covid e la lotta al Covid sarebbero un "complotto"). Di chi considera la scuola in sicurezza dei nostri ragazzi e ragazze un lusso che non possiamo permetterci perché le cose "serie" e prioritarie sono ben altre. E, di nuovo, la Resistenza va fatta per tutti, anche per quelli che non ci credono.