Ogni neonato ha piena dignità umana. Ogni neonato appartiene al mistero insondabile di Dio. Ogni neonato è meritevole di rispetto, accoglienza e simpatia, in una logica di gratitudine e non discriminazione. E questo atteggiamento positivo va conservato al piccolo o alla piccola, in virtù del suo essere pienamente e totalmente persona, indipendentemente dal modo in cui è venuto o venuta al mondo. Le tecniche estreme di fecondazione
in vitro e, in misura ancora maggiore, l’«utero in affitto» rimangono pratiche ingiuste, se non addirittura detestabili, su cui in queste pagine non abbiamo risparmiato – e continueremo a farlo – informazioni capaci di illuminare la disumanità del 'mercato della vita' e commenti di totale e profonda disapprovazione. Ma confondere i due piani non serve alla verità. Ecco perché sono fuori bersaglio le polemiche che hanno accompagnato il battesimo del figlio biologico di Eddy Testa, il compagno di Nichi Vendola. Qualcuno si è spinto ad affermare che la Chiesa avrebbe dovuto ricordare come le scelte dei due 'genitori' risultino in dissenso con il magistero. Ma qui non si tratta né di 'santificare' quello stile di vita né di esprimersi su scelte personali o visioni morali che conservano ampi margini di problematicità. Ha scritto il Papa nel paragrafo di
Amoris laetitia dedicato all’accoglienza pastorale delle persone omosessuali: «Desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare 'ogni marchio di ingiusta discriminazione'» (AL 250). Ecco perché fronte a un battezzato, anche omosessuale, che decide, proprio attraverso il rito battesimale, di affidare il proprio figlio all’amore di Dio, la Chiesa non può che esprimersi con il dovere dell’accoglienza – in questa linea le decisioni del arcivescovo di Gaeta e del parroco di San Michele Arcangelo a proposito del 'caso Vendola' – e il diritto del
discernimento. L’accoglienza suggerisce di anteporre sempre e comunque il bene spirituale del neonato, che si concretizza attraverso la grazia del sacramento, alle riserve morali che segnano le modalità della nascita. Il discernimento impone di verificare, per quanto possibile, che padrini e nonni possano aiutare i genitori a modellare un percorso educativo coerente con il Vangelo. È legittimo pensarlo per due persone che vivono una stabile relazione omosessuale?Ascoltiamo ancora il Papa nello stesso paragrafo dell’esortazione postsinodale: «Si tratta di assicurare un rispettoso accompagnamento affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possono avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita». Un’indicazione al di là di ogni fraintendimento. Da una parte ci sono da attivare sostegni pastorali di cui l’intera comunità cristiana deve sentirsi responsabile. E si tratta di percorsi, già in parte presenti, che vanno diffusi con maggiore trasparenza nella logica della vicinanza a tutte le situazioni di fragilità. Dall’altra si tratta di rispettare il mistero rappresentato dalla coscienza delle persone e del loro rapporto con Dio. Chi può impedire a un genitore – qualunque sia il suo orientamento sessuale – di guardare con speranza alla vita spirituale del proprio figlio? Chi può decidere che in quel sentimento di bene prevalga la
zizzania della strumentalizzazione e dell’obiettivo ideologico e non il
grano connesso al mistero d’amore di cui battesimo è simbolo efficace?