La grande lezione impartita da Ciro
sabato 26 agosto 2017

Caro Avvenire,

che belle le parole che Ciro, il bambino rimasto sotto le macerie durante il terremoto a Ischia, rivolge al suo soccorritore: «Mi vuoi bene?». Non ha urlato il suo dolore, la sua paura, la sua rabbia. Solamente «mi vuoi bene?». È proprio vero. Più forte di tutto è l’amore. Lenisce le ferite, si fida, sa andare oltre le apparenze che parlano di morte e distruzione. Non chiede spiegazioni, non pensa né a colpe, né a responsabilità, ma solo la certezza che chi lo sta salvando lo stia facendo per amore e non per dovere. Grazie Ciro per averci ricordato l’amore, per averci ricordato che vivere è innanzitutto amare ed essere amati, e che questo bisogno è dentro ognuno di noi, è vita, è forza, non se ne può fare a meno. E grazie ancora perché con tre parole ci hai fatto rivivere quella pagina di Vangelo in cui Gesù, proprio come te, rivolge a Pietro per ben tre volte la tua stessa domanda : «Mi ami tu?». Ora, grazie a te, quella pagina mi è più chiara e mi è più facile sperare nell’uomo, se a soli undici anni sa parlare così. Che lezione, caro Ciro. Angelo Gabriele Albizzate ( Va)

Un bambino di undici anni sepolto fra le macerie accanto a due fratellini. Dormivano. Dopo il boato e il crollo, ha riaperto gli occhi nel buio fumante di macerie. Nell’oscurità angusta di un letto a castello schiacciato da travi e muri, con il fiato che manca, occorre forza anche per gridare aiuto. Per credere che, oltre a quella mole di rovine, ci sia qualcuno che ti ascolta. E Ciro grida e grida. Per sé e per quei due, più piccoli. Poi, a un certo punto, i fratelli vengono tratti in salvo. E resta solo lui, un piede bloccato, le forze che non dureranno ancora tanto. Ma le voci dei soccorritori non lo abbandonano. Sono tante, vicine eppure lontane. A una di queste voci il bambino soprattutto si attacca, come a una corda di salvezza. È in quella voce che confida. Forse la sconosciuta voce ha l’accento caldo di un padre, di un padre forte che non abbandona? Senz’aria, senz’acqua, Ciro è allo stremo. Da sopra gli urlano: coraggio. E tuttavia la voce che lo sostiene è una. Nel rovinio delle macerie smosse che potrebbero definitivamente seppellirlo il bambino domanda: «Mi vuoi bene?». Potrebbe sembrare una domanda irrazionale. Che c’entra il bene, qui occorre perizia, e freddezza. Eppure con la semplicità di un bambino, Ciro ha colto l’essenziale. Ciò che ci salva è un altro, che ci voglia bene. È la passione del cuore di un altro, che ci ha cari come se stesso. Anche Gesù, ricorda il lettore, fece quella domanda a Pietro, tre volte. «Mi ami tu?» E, nonostante il tradimento, su quell’amore è poi nata la Chiesa. Quella voce esile di bambino: «Mi vuoi bene»? nella tragedia svela, nudo, il fondo vero della nostra umanità.

Marina Corradi

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI