Giorgio De Chirico, "Malinconia ermetica", 1919 - Imagoeconomica
Il Censis e gli italiani malinconici: e se non fosse solo una cattiva notizia?
Il "lavoro povero" è una realtà anche in Italia. E così pure chi ha un impiego dipendente non è più al riparo del pericolo della povertà, soprattutto al Sud Italia. Ce lo ha detto il Censis questa settimana, nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese. Nel 2021, sul totale degli occupati, il 9,7% si trovava in condizioni di povertà relativa. Fra i lavoratori dipendenti la quota sale al 10,2%, nel Sud al 18,3%. Oggi in Italia nel settore privato si contano oltre 4 milioni di lavoratori che non raggiungono una retribuzione annua di 12mila euro. Di questi, in 412mila hanno un contratto a tempo indeterminato e un orario di lavoro a tempo pieno. Le preoccupazioni per le famiglie italiane sono molte: la crisi energetica è la peggiore, ma c'è anche quella per l'aumento dei costi a causa della crescita dell'inflazione. Insomma, ne esce un'Italia preoccupata e malinconica, come hanno osservato diversi giornali. Ma non tutto il male vien per nuocere secondo il sacerdote e psicologo Lello Ponticelli, che su Avvenire riflette sul buono che la malinconia può portare con sé: "Che gli italiani siano malinconici e spaventati dinanzi al presente e al futuro, non solo non fa strano, anzi. E se fosse segno di un fondo roccioso di umana e, in radice, anche evangelica sensibilità in un’epoca di prevalente cinismo? E se questi sentimenti diventassero stimolo per una smilitarizzazione del cuore e per una globalizzazione della compassione?".
L'assalto (progettato) al Bundestag come quello a Capitol Hill: ma la democrazia è più forte
L’assalto al Bundestag di Berlino pianificato – e fortunatamente non realizzato – dal gruppo di estrema destra tedesco Reichbürger è parente stretto di quel QAnon che ispirò l’assalto a Capitol Hill a Washington il 7 gennaio 2021. Entrambi gli episodi, al netto degli aspetti folkloristici ci rivelano come fragili e al tempo stesso estremamente forti siano oggi le democrazie. La loro fragilità è sotto gli occhi di tutti: un manipolo di congiurati, una piccola orda di hooligans, una consorteria di paramilitari e membri deviati dei servizi di sicurezza possono sorprenderne e minacciarne la stabilità, gettando la società intera nell’incertezza e nella paura del domani. Ma questa fragilità è figlia della roccia dura su cui è stata edificata una società democratica, come scriveva nel 1942 Karl Popper nel suo La società aperta e i suoi nemici.
Ed è un fatto che le democrazie conservano una capacità di reazione che nessuno sciamano cornuto, nessun complotto di nostalgici dell’elmo chiodato prussiano potrà mai piegare. Come ben sanno i loro maldestri riferimenti politici e, più o meno volontari, fomentatori, da Donald Trump agli estremisti di Alternative für Deutschland. Ne ragiona diffusamente Giorgio Ferrari.
Trent'anni fa la marcia per la pace di don Tonino Bello nella Sarajevo assediata. Una lezione per il presente
La nave dei “folli” si staccò dal porto di Ancona il 7 dicembre di trent’anni fa sotto un cielo da paura. A bordo del Liburnija 496 persone dirette a Sarajevo, la città bosniaca martirizzata da nove mesi e stretta sotto assedio dalle milizie serbe: un esercito di “pacifisti” pronti ad irrompere nel cuore del conflitto per costringerlo a una tregua anche solo di ore. «In 100.000 a Sarajevo!» era lo slogan con cui don Albino Bizzotto, guida di “Beati i costruttori di pace”, aveva chiamato all’invasione pacifica della città insanguinata. Risposero in 500. Tra loro c’erano anche due vescovi, Luigi Bettazzi e Tonino Bello, suo successore alla testa di Pax Christi. Ha 58 anni, don Tonino Bello, ed è minato dal cancro, ma è deciso a interporsi fisicamente tra le parti in guerra per dimostrare che la nonviolenza può funzionare. Giunto nella città assediata, il 12 dicembre il vescovo di Molfetta tenne un discorso divenuto memorabile. Da quella tregua profetica nella guerra dei Balcani emerge una lezione anche per il presente. Il racconto di quell'impresa nel lungo resoconto di Lucia Bellaspiga.
Il regalo che fa bene: per condividere la gioia del Natale. Una piccola guida pratica
Il Natale è momento di festa, di gioia. Nasce Gesù il Salvatore e cambia la storia, la nostra e quella del mondo. Lo scambio dei doni è un modo, non l'unico, ovviamente, per comunicare la felicità per l'Evento. Ecco perché può avere senso evitare lusso e sprechi, orientandosi verso un regalo solidale. E in particolare verso oggetti che contribuiscono a fare crescere la giustizia nel mondo. Ma anche prodotti che riconoscono ai lavoratori un salario giusto. E che al tempo stesso aiutano alcune zone geografiche a crescere economicamente, secondo principi solidali. Tante le scelte possibili: Ilaria Solaini in questo articolo dà alcuni consigli (senza pretesa di esaustività) sui regali etici per condividere la gioia del Natale.
"Proprio nel mio paese le mie campane non funzionano?". E Andrea Bocelli paga il restauro
«Non è possibile che proprio nel mio paese le campane non suonino». Parola di Andrea Bocelli. Il tenore ha infatti deciso di donare alla parrocchia di Lajatico, in provincia di Pisa, il ripristino dell’impianto fermo dal 2019. A raccontarlo è il parroco, don Michele Meoli, che in un articolo sul settimanale Toscana Oggi scrive: «Finalmente le campane torneranno a suonare grazie al gesto compiuto dal concittadino Andrea Bocelli e dalla sua famiglia». La storia raccontata da Riccardo Bigi.
Verso il Natale con quattro film: dalla commedia con Marco Giallini alla poesia dei fratelli Dardenne
Dalla Commissione Cei per la valutazione dei film quattro proposte (più una) per farsi aiutare ad “alzare lo sguardo” con il linguaggio delle immagini e prepararsi al Natale. Le parole scelte per guidare questo percorso di Avvento sono cammino, promessa, profezia e salvezza. La proposta comprende un film drammatico e poetico dei fratelli Dardenne presentato lo scorso luglio a Cannes, "Tori e Lokita", il sequel di "Come d'incanto", che si intitola "Come per disincanto", la commedia italiana "Il principe di Roma" con Marco Giallini e infine il commovente ritrattato della santa di Assisi "Chiara".
Il reliquiario di San Galgano restaurato dopo il furto ora si può rivedere
Un furto clamoroso, nel lontano 1989, dal Museo del Seminario di Siena. Uno straordinario recupero, più di trent’anni dopo, ad opera dei carabinieri. E poi un attento restauro nei Laboratori dei Musei Vaticani, anche per rimediare ai danni subiti. Oggi il reliquario di San Galgano si può finalmente rivedere in mostra dal 7 dicembre 2022 al 18 febbraio 2023 nella Pinacoteca dei Musei Vaticani, dal 7 dicembre 2022 al 18 febbraio 2023. Il reliquiario è un capolavoro della produzione orafa senese del XIV secolo, oggetto di intensa devozione popolare, con decorazioni in preziosi smalti traslucidi che raffigurano le scene della vita del Santo e della sua spada.
Il Vangelo di domenica commentato da padre Ermes Ronchi
Quella nuova creazione che passa nelle storie di chi vive ai margini: il Vangelo di domenica 11 dicembre commentato da padre Ermes Ronchi
III Domenica d'Avvento "In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli... ". LEGGI QUI
Il meglio degli altri
1) Papa Francesco manda a Ischia il suo Elemosiniere per portare conforto e rosari benedetti a chi soffre dopo la frana da Il Messaggero
2) In Vaticano la mostra dei 100 presepi: e ci sono anche quelli ambientati in zone di guerra da Vatican News
3) Nella Repubblica Democratica del Congo tre giorni di lutto nazionale per il massacro in un villaggio nell’est del Paese; domenica marcia per la pace indetta dai Vescovi da Fides.org
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1) È morto il 18 novembre in un "centro di detenzione" a Tokyo. Apparente suicidio, ma la sorte dell'Italiano trovato morto in Giappone getta uno sguardo sull'inquietante trattamento degli stranieri "irregolari"
2) Una lettera inviata ai vescovi con le nuove indicazioni per la celebrazione della Messa. Si potrà ripristinare lo scambio del segno della pace e le acquasantiere
3) Corea del Nord. Kim adesso rischia la bancarotta per i bitcoin rubati dai suoi hacker