Nella patria dell’asado non si mangia più carne. Con un aumento del prezzo del 400% su base annua, si stima che quest’anno, in Argentina, il consumo di carne bovina sarà di 44 chili a persona: mai così poca da trent’anni a questa parte. È un dettaglio della trasformazione che sta vivendo una Buenos Aires alle prese con la terapia shock imposta dal nuovo governo. O meglio, è la punta dell’iceberg.
Circa sei milioni di argentini lavorano nell’economia formale, tre milioni nel settore pubblico e altri tre milioni come autonomi. Ma la grande maggioranza della popolazione, circa 12 milioni, è impiegata nell’economia popolare. Sono contadini, artigiani, venditori ambulanti, cartoneros, persone impegnate nei lavori di cura, nelle mense comunitarie, nei lavori tessili. Le prime organizzazioni di rappresentanza nascono nel 2003, ma solo nel 2011 è stata fondata la Confederazione dei lavoratori dell'economia popolare (Ctep). Successivamente è stato avviato un processo di istituzionalizzazione con la creazione dell'Unione dei lavoratori e delle lavoratrici dell'economia popolare (Utep), e con il riconoscimento come rappresentanti della categoria da parte del Ministero del Lavoro. Tra le grandi conquiste, la Ley de emergencia social, che ha permesso di istituire un salario sociale complementare, corrispondente alla metà del salario minimo per chi si trova in una situazione di grande vulnerabilità economica e sociale, e una serie di politiche per l’urbanizzazione dei quartieri popolari. «Tutto questo, con il governo di Javier Milei, è stato completamente smantellato: le opere nei quartieri popolari si sono fermate, e il salario sociale complementare non è più stato adeguato al salario minimo», spiega il segretario generale dell’Utep, Alejandro Gramajo.
Oggi 25 milioni di argentini sono in situazione di povertà e il 20% in situazione di indigenza. «In momenti di crisi come quelli che stiamo attraversando in Argentina, emerge molto la solidarietà delle persone. Noi facciamo campagne di donazioni, chiedendo un aiuto a chi può ancora permetterselo, ma capita sempre più spesso che persone che prima donavano cibo, ora vengano a chiederlo», spiega Gramajo. «I piccoli commercianti e i lavoratori che prima se la cavavano, ora chiudono i loro negozi perché non vendono nulla e vengono da noi per mangiare qualcosa». E a preoccupare è soprattutto la situazione di malnutrizione tra i più piccoli. L’ultima indagine realizzata dall’Unicef rivela che più di un milione di bambini in Argentina va a dormire senza cenare. E salgono a un milione e cinquecentomila se si considerano quelli che sono costretti a saltare almeno un pasto al giorno. Più di dieci milioni non mangiano carne né consumano latticini da oltre un anno. E quattro milioni e cinquecentomila adulti non mangiano per permettere ai loro figli di farlo.