giovedì 26 gennaio 2017
L'ambasciatore iracheno Ahmed Bamarni commenta la mostra fotografica aperta ieri al Maxxi di Roma: si tratta di una serie di immagini scattate nel campo di Khanke, nel Kurdistan iracheno
Uno degli scatti in mostra da ieri al Maxxi di Roma

Uno degli scatti in mostra da ieri al Maxxi di Roma

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«Una tragedia che non si deve ripetere più». Così l'ambasciatore iracheno in Italia, Ahmed Bamarni commenta i contenuti della mostra “Photographs of life in Khanke Camp by Yezidi Girls” che si è aperta ieri al Maxxi di Roma e che durerà cinque giorni. Si tratta di una serie di immagini scattate nel campo di Khanke, nel Kurdistan iracheno, da alcune ragazze sfuggite agli orrori del Daesh in Iraq.

Per l'ambasciatore «la tragedia vissuta dal popolo yazida deve essereuna spinta per tutti i politici e i responsabili a fare tutto ciò chepossono affinché simili fatti non si ripetano più”, affinché «queste minoranze vivano nel rispetto e possano godere dei loro pieni diritti religiosi, civili e istituzionali”. La mostra rappresenta «un'opportunità per far conoscere agli italianiil popolo degli yazidi e ciò che hanno sofferto. Si tratta della primamostra del genere - ha aggiunto Bamarni - laddove sono le vittime stessea raccontare quello che è accaduto”.

Le autrici degli scatti sono sei ragazze della comunità yazida di Sinjar (la capitale storica e “montagna sacra” del popolo yazida) ospitate nel Khanke Camp, nella provincia di Dahok, dopo essere state costrette a fuggire dalle loro case in Iraq per sottrarsi alle violenze dei seguaci del sedicente Califfato. La mostra, che nasce da un progetto promosso dall'Unicef e finanziato dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione italiana ed è stata inaugurata dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, racconta «la sofferenza di quelle ragazze dopo essere state liberate dalla prigionia dei jihadisti del Daesh. Non è accettabile - ha insistito l'ambasciatore Bamarni - che una ragazza di 17 anni venga venduta quattro volte al mercato delle schiave e la cosa più amara è che tutto ciò accade nel 21mo secolo esotto gli occhi del mondo intero».

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