Una donna munita di mascherina nella stazione di Hanzhong, in Cina - Ansa
Fa paura. E tanta. Perché si sta diffondendo velocemente. E perché è ancora avvolto nel mistero. Nulla o poco si sa su come avvenga il contagio. Nulla o poco su come fermarlo. Ma una cosa è certa: i “numeri” sul misterioso virus, che provoca una polmonite potenzialmente letale (coronavirus 2019-nCoV), attestano la sua pericolosità. Quattro le vittime accertate, 217 i casi complessivi – 198 nella sola Wuhan, la città della Cina interna dove è esploso il focolaio di polmonite virale. E ancora: cinque le nuove infezioni a Pechino, due a Shanghai, 14 nella provincia del Guangdong, quattro i casi oltre-confine (due in Thailandia, uno in Giappone e in Corea del Sud). «Adesso la cosa più importante è che le autorità sanitarie denuncino immediatamente ogni caso sospetto, lavorando a stretto contatto con l'Organizzazione mondiale della Sanità e con le altre organizzazioni internazionali», spiega la virologa Ilaria Capua.
Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha convocato il Comitato di emergenza, che si riunirà il 22 gennaio a Ginevra per accertare se il focolaio di casi "rappresenti un'emergenza di salute pubblica di livello internazionale e quali raccomandazioni dovrebbero essere fatte per fronteggiarla"
Che la situazione sia grave lo testimonia anche l’intervento del presidente cinese Xi Jinping: la priorità del governo cinese – ha detto – «è difendere vite umane». Ma alla vigilia delle vacanze del Capodanno, che iniziano questa settimana, quando milioni di cinesi si metteranno in viaggio, il timore si fa sempre più forte. Anche l’Italia ha attivato una serie di controlli sul traffico passeggeri in arrivo dalla Cina. Un esperto della Commissione della salute pubblica del governo di Pechino cinese, Zhong Nanshan – citato dall’agenzia Agi – avrebbe confermato che la trasmissione del virus può avvenire da persona a persona. L’incubo peggiore. Le proporzioni dell’epidemia potrebbero essere ben più vaste.
Secondo gli scienziati dell’Imperial College di Londra, i casi di infezione potrebbero essere addirittura 1.700. Per gli esperti proprio il fatto che il virus sia stato “esportato”, fa pensare che il focolaio di partenza sia molto più ampio. Una proiezione basata sul traffico aereo da Wuhan, spiega Neil Ferguson, l’autore principale dello studio pubblicato per ora solo sul sito dell’Università, porta appunto a 1.700 casi. Un focolaio di questa portata fa pensare ad una possibilità di trasmissione da uomo a uomo, finora esclusa ma in serata confermata da un gruppo di esperti cinesi. Il mercato da cui si è originato il focolaio, ha fatto sapere l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) è stato chiuso il primo gennaio.
Il trasferimento di un paziente colpito dal virus a Jinyintan - Ansa
E dopo una battaglia giocata in gran parte fuori dai laboratori, sui social media e a colpi di hashtag, la Cina ha pubblicato, una settimana fa circa, su una piattaforma online liberamente accessibile, la parte iniziale della sequenza genetica del virus misterioso. La sequenza è stata depositata nelle GenBank, la banca dati punto di riferimento internazionale per i dati genetici. Tutti i ricercatori del mondo hanno ora la possibilità di studiare la mappa genetica e di analizzarla per dare un’identità a questo nuovo virus, così enigmatico da non avere ancora un nome. Per i ricercatori la malattia di cui è responsabile è infatti una «polmonite virale dalle cause sconosciute», come rilevano gli esperti dei Cdc cinesi. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdpc), un’agenzia dell’Ue, ha fatto sapere che le probabilità che il virus arrivi nell’Unione Europea sono considerate basse.
Il virus, per gli infettivologi, non è simile né a quello della Sars, emersa in Cina nel 2002-2003 e responsabile di 8.437 casi con 813 decessi, né a quello della Mers, isolato per la prima volta a Londra nel 2012 in un paziente con una grave sindrome respiratoria proveniente dal Medio Oriente e di cui si segnalano in tutto 2494 casi, con 858 morti.