
L'arcivescovo Timothy Broglio
Finisce in tribunale lo scontro tra la Casa Bianca e la Conferenza episcopale degli Stati Uniti sulla sospensione degli aiuti ai rifugiati. I vescovi cattolici hanno citato in giudizio l’Amministrazione del presidente Donald Trump chiedendo a un giudice di dichiarare illegale i tagli.
La tensione tra le due parti è cominciata a salire quando il tycoon, appena dopo il suo insediamento, ha cominciato a emettere gli ordini esecutivi che hanno portato alla militarizzazione del confine con il Messico e alle deportazioni di migranti irregolari. Ha però raggiunto l’apice con la decisione del Dipartimento di Stato di sospendere, nell’ambito di una revisione di tutti i programmi di cooperazione e sviluppo, i finanziamenti alle associazioni e alle istituzioni, Chiesa cattolica compresa, che si occupano di assistenza ai rifugiati. Misura che ha costretto i vescovi a snellire l’ufficio per le migrazioni con il licenziamento di 50 dipendenti. «La sospensione dei fondi ci impedisce - aveva dichiarato l’arcivescovo Timothy Broglio nelle vesti di presidente dei vescovi cattolici americani – di lavorare per il bene comune e di promuovere la dignità della persona umana».
Alla protesta era seguita la reazione irritata del numero due della Casa Bianca, il vicepresidente cattolico JD Vance, intervenuto a insinuare che la richiesta di un ripensamento sui tagli sollecitata dai vescovi fosse motivata da interessi economici e non umanitari. È di martedì scorso l’ultimo atto della disputa con l’avvio di una causa presso la Corte distrettuale di Washington con cui la Conferenza episcopale contesta all’amministrazione (Esteri, Sanità e Politiche Migratorie) la legittimità dei tagli. Le motivazioni depositate in tribunale sottolineano che il programma privato dei fondi è di profilo «domestico», non estero, trattandosi di un’iniziativa per l’insediamento di migranti, già entrati legalmente negli Usa, messo a punto a soddisfare le loro prime necessità come l’alloggio e la ricerca di un lavoro. La memoria sottolinea inoltre che la Chiesa «spende ogni anno più soldi di quanti ne riceva dal governo, ma non può sostenere i suoi programmi senza i fondi federali che costituiscono la base di questa collaborazione pubblico-privata».
Il rischio paventato è il crollo, «da un momento all’altro», dell’iniziativa con «danni a lungo termine» per la comunità e per il Paese. Per esempio, il prolungamento del tempo necessario ai rifugiati a trovare un impiego e a diventare autosufficienti. L’occasione è valsa anche a ricordare che la Chiesa cattolica è ancora in attesa dei 13 milioni di dollari in rimborsi per le spese sostenute prima dei tagli disposti il 24 gennaio. Sulla stretta trumpiana contro i migranti, lo ricordiamo, è intervenuto anche papa Francesco che ha ammonito: «Ciò che si costruisce sulla forza, e non sulla verità della pari dignità di ogni essere umano, comincia male e finirà male». L’ultima mossa della Casa Bianca contro i migranti inasprisce ulteriormente la linea dura contro i disperati approdati modo irregolare negli Usa dal Sudamerica: stop con effetto immediato, e a tempo indefinito, pure all’assistenza legale ai bambini non accompagnati. Mossa che, questo è il timore degli addetti ai lavori, rischia di moltiplicare le opportunità di business di chi specula sulla tratta dei minori.