Ai piedi del bianco faro di Biarritz, nel Sud-ovest francese, un G7 dai risultati interlocutori, ma vantato come un «successo» dai partecipanti, a cominciare dall’iperattiva accoppiata franco-americana di “mattatori” che ha tenuto banco fino ai tempi supplementari, impegnata tanto nel promuoversi, quanto nel cercare di risolvere i nodi di un mondo lacerato da crisi di ogni tipo.
Autoproclamato leader di una «potenza mediatrice», il presidente Emmanuel Macron, da padrone di casa, ha chiuso questa sera la tre giorni di tavole rotonde del club delle 7 grandi democrazie, Italia compresa, sciorinando tante mezze promesse, imminenti carte deontologiche firmate dal mondo economico, annunci d’intese giunte a buon punto, spaziando dalle grandi crisi regionali in corso, come Iran, Libia, Siria, Ucraina e Kashmir, ai problemi di fondo dell’agenda Onu, come disuguaglianze economiche e pari opportunità. Un lavoro di direttore d’orchestra dei lavori, quello del capo dell’Eliseo, salutato addirittura come «spettacolare» proprio da quell’omologo americano, Donald Trump, da cui alla vigilia si temevano pesci in faccia, o giù di lì, com’era accaduto l’anno scorso al padrone di casa di turno, il canadese Justin Trudeau.
Ma al di là delle potenzialità propiziate dall’abile e rodata diplomazia francese e del clima di ritrovata «unità» fra i Grandi lodato più o meno da tutti, gli annunci più concreti sono giunti sull’Amazzonia, con un fondo internazionale da 20 milioni di euro destinato principalmente all’invio di Canadair contro i roghi, e sull’Iran, con uno spiraglio su un possibile incontro fra Trump e l’omologo Hassan Rohani per trovare una soluzione sul nucleare di Teheran. Nelle «circostanze giuste», un faccia a faccia «realistico», ha detto a sorpresa il capo della Casa Bianca. Non c’è stato, come previsto, alcun documento finale, ma semplici «dichiarazioni».
Almeno a parole, l’happy end è giunto pure sulla “digital-tax” verso i giganti americani del Web. Dalla pentola di Biarritz, è uscito un «ottimo accordo» fra Washington e Parigi, ha assicurato Macron, pronto a ritirare la tassa ad hoc già promulgata in Francia se Trump manterrà la promessa di contribuire al varo, in sede Ocse, di una tassa internazionale contro l’elusione fiscale di colossi come Google.
Finora calato spesso nei panni del guastafeste di tanti sforzi multilaterali, Trump si è invece mostrato felice di poter ospitare a sua volta fra un anno i big del pianeta a ridosso delle elezioni presidenziali Usa, nella città di Miami, evocando persino, fra il serio e il faceto, l’idea di riceverli nel più celebre resort di sua proprietà in Florida. Un’edizione alla quale il capo della Casa Bianca è pronto ad accogliere l’omologo russo Vladimir Putin, ma come semplice invitato e non nel quadro di un vero e proprio G8 (come quelli che avevano preceduto l’annessione russa della Crimea), dato che a Biarritz l’ipotesi di una piena riabilitazione di Mosca non ha ricevuto l’unanimità dei 7, come ha chiarito Macron. Quest’ultimo ha comunque promesso, già a settembre, una nuova riunione del Quartetto Normandia (Russia, Ucraina, Germania, Francia) per una soluzione alla drammatica crisi in Ucraina.
Nella torrenziale conferenza stampa finale della coppia Trump-Macron, lo statunitense ha attaccato a più riprese il bilancio diplomatico del predecessore democratico Barack Obama, palesando il bisogno elettoralistico di potersi attribuire qualche trofeo sulla scena mondiale, anche in termini di distensione nella guerra dei dazi con la Cina, altro punto al centro del G7. Da parte sua, pur di sottolineare la sintonia personale con Trump, Macron è giunto fino a lodare la presunta popolarità in Francia della first lady Melania. Sulle ineleganti frecciate sui social del presidente brasiliano Jair Bolsonaro verso la première dame Brigitte, sullo sfondo della diatriba fra Parigi e Brasilia attorno ai roghi amazzonici, Macron ha invece contrattaccato giudicando l’offensiva soprattutto «triste per i brasiliani».
I lavori si sono chiusi con una smilza dichiarazione di una pagina sui punti condivisi dai 7, al posto del tradizionale e ben più corposo comunicato. La trovata finale di un vertice che molti sperano adesso non destinato solo a un pubblico momentaneo.