giovedì 20 aprile 2017
Centinaia di migliaia hanno protestato nel 207esimo anniversario dell’indipendenza per chiedere le elezioni. Tensione tra anti-chavisti e forze dell’ordine
Opposizione e governo misurano le forze in piazza. Morti due manifestanti
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Divisi eppure uniti dallo stesso slogan. I “due Venezuela” che ieri sono scesi in piazza nelle stesse ore – per quanto fisicamente separati dalle forze di sicurezza – hanno adottato la medesima parola- guida: libertà. Una scelta non casuale nel giorno del 207esimo anniversario dell’inizio della lotta indipendentista dalla Spagna. Certo, le parti hanno attribuito un significato differente al termine, in base alla propria prospettiva.

Per l’opposizione della Mesa de unidad democrática (Mud) – di nuovo unita dopo le tensioni degli ultimi mesi –, la “madre di tutte le marce” sarà l’inizio della fine dell’era di Nicolás Maduro. Per il governo, al contrario, il corteo di sostegno è stata la dimostrazione della fedeltà del popolo al leader in carica. Obiettivi opposti. Entrambi impossibili da realizzare nel brevissimo periodo. Le manifestazioni di ieri, a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone, sono state una “prova di forza” per i pro e anti-Maduro. Gli effetti concreti, a meno di imprevedibili giravolte, potranno, però, vedersi solo nelle prossime settimane. L’opposizione ha sfilato a Caracas e in tutte le principali città del Paese per chiedere elezioni anticipate. Il “detonatore” della rivolta è stato il tentativo presidenziale di esautorare il Parlamento, a maggioranza ostile. Il 29 marzo, il Tribunale supremo – controllato dall’esecutivo – aveva privato l’Assemblea dei propri poteri a causa del rifiuto di quest’ultima di invalidare l’elezione di tre deputati della Mud. Un atto inedito: nemmeno il defunto Hugo Chávez aveva mai osato tanto.

Di fronte alla raffica di proteste – interne e internazionali –, i giudici hanno fatto marcia indietro tre giorni dopo. La vicenda, però, ha innescato una nuova spirale di tensione con gli anti-chavisti. Uomini, donne, bambini – dei più svariati gruppi sociali, inclusi quelli più poveri e tradizionalmente vicini all’esecutivo – hanno camminato, agitando bandiere gialle e blu, i colori nazionali, per la sesta volta in dieci giorni. I momenti di tensione non sono mancati, nonostante i numerosi appelli alla calma da più parti, inclusa la Conferenza episcopale venezuelana. Le forze dell’ordine sono ricorse a idranti e lacrimogeni per “confinare” i dimostranti nelle aree periferiche. In prossimità della piazza La Estrella di San Bernardino, il giovane manifestante Carlos Moreno è stato colpito da un proiettile alla testa. Il ragazzo si è spento in ospedale poco dopo. Fra due giorni avrebbe compiuto 18 anni. Poco più tardi, durante i disordini a San Cristobal, nell’Ovest del Paese, è morta, sempre per colpi di arma da fuoco in testa, una giovane di 24 anni. Le vittime si aggiungono alle cinque nelle marce precedenti, portando il bilancio a sette. La tragedia, però, non ha fermato il corteo. Arrivato, come previsto, fino all’edificio del Difensore del popolo, organismo incaricato di difendere il rispetto della Costituzione, per l’atto finale. Anche la folla chavista, convocata dal governo, è scesa in piazza in massa. Vestiti di rosso, i sostenitori di Maduro hanno gridato slogan contro «l’oligarchia golpista».

Poche ore prima dell’evento, il presidente aveva annunciato in tv un «complotto militare» contro di lui. La minaccia, però – ha affermato – è stata sgominata con «l’arresto dei capi banda». Al di là della retorica, il fatto mette in luce la tensione esistente tra l’esecutivo e le Forze armate, nonostante il pubblico e recente sfoggio di lealtà «incondizionata » da parte di queste ultime. La crepa era già apparsa all’indomani delle elezioni politiche del 2015, vinte dalla Mud. Allora, il ministro della Difesa, Vladimir Padrino López, si era affrettato a riconoscere i risultati, per quanto sfavorevoli a Maduro. Una posizione ribadita nel recente scontro tra Tribunale supremo e Assemblea nazionale. Anche in tale occasione, il Consiglio della difesa nazionale ha “suggerito” ai giudici di «rivedere» la decisione. Il dietrofront della magistratura e la presa di distanza del presidente – che si è detto «non informato» della sentenza – è giunta poche ore dopo.

Tale tensione spiega perché Maduro abbia deciso di ricorrere ai miliziani. Prima della maxi-marcia, il governo ha armato mezzo milione di nuovi civili per difendere la “rivoluzione bolivariana”. Al di là dei puntelli, quest’ultima appare sempre più in difficoltà. Mentre il Venezuela, flagellato dalla crisi economica, scivola, ogni giorno di più, nel baratro.

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