La stretta di mano tra Donald Trump e Kim Jong-un rimarrà nei libri di storia: ha suggellato il vertice a Singapore tra il presidente Usa e il leader nordcoreano. Era il primo summit tra Stati Uniti e Corea del Nord dalla guerra di Corea del 1950-1953 ed è stato
sicuramente un successo sul piano mediatico e che assicura a entrambi i protagonisti uno straordinario ritorno in termini di
propaganda. Meno evidenti invece i risultati concreti. Nel documento finale e nelle spiegazioni date successivamente da Trump, incontrando la stampa, c'è poco che possa essere considerato nuovo o rivoluzionario. Kim, un dittatore sanguinario e liberticida, se ne torna a casa con una legittimazione sul piano internazionale che sicuramente saprà giocarsi sul piano interno.
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Sul tema-chiave, il dittatore si è impegnato per una "denuclearizzazione completa" della penisola ma come questa sarà verificabile non è chiaro: non c'è traccia, nel documento finale firmato da entrambi del tema della 'verificabilità' che era stato il punto su cui aveva tanto insistito l'amministrazione americana nei mesi passati. Trump ha poi ipotizzato una non meglio specificata "combinazione" di organismi americani e internazionali.
Il risultato concreto e immediato dell'incontro è che non ci saranno più le esercitazioni militari congiunte tra esercito americano e sudcoreano nella penisola: irritavano profondamente Pyongyang, tanto che Seul aveva chiesto di sospenderle come segno di buona volontà per coronare la 'pace olimpica' durante i giochi invernali. Ora Trump le ha definite "costose, provocatorie e inappropriate".
Rimarranno invece le sanzioni a Pyongyang, che "verranno eliminate una volta che saremo sicuri che non ci saranno più armi nucleari nella penisola", ha detto Trump. E rimarranno anche i militari americani in Corea del Sud: sono parecchie migliaia. Quanto ai diritti umani se ne è discusso, ha detto Trump, ma poco di più: il presidente americano ha riconosciuto che la situazione in Corea del nord è "dura" ma dal summit non è uscito altro che l'impegno a affrontare ancora la questione nei prossimi incontri. Perché di sicuro, e questo è un altro dato positivo, quello di oggi è stato l'inizio di un percorso.
Trump ha detto che le delegazioni nordcoreana e statunitense torneranno a incontrarsi già dalla prossima settimana, ha aggiunto che andrà a Pyongyang "al momento opportuno", ha confermato che al momento giusto inviterà Kim alla Casa Bianca e che il dittatore ha accettato.
Il summit è iniziato puntuale alle 9 (le 3 in Italia), sull'isola di Sentosa, nell'hotel Capella, dove sventolavano una vicina all'altra, bandiere statunitensi e di Pyongyang. La stretta di mano è durata circa 12 secondi, ed è stata dunque relativamente breve rispetto agli standard di Trump. Trump e Kim si sono parlati per 41 minuti, la riunione è stata poi allargata alle delegazioni.
Comunque sia andata, i protagonisti incassano il successo di un incontro epocale e che sembrava impossibile fino a qualche mese fa. Trump torna a casa sventolando le "nuove relazioni" con il riottoso rivale. "Gli avversari del passato possono alla fine diventare amici", ha sintetizzato Trump che può tornare a casa sventolando le "nuove relazioni" con l'atavico nemico. Per Trump il summit sull'isola di Sentosa, al largo di Singapore, è "l'avvio di una straordinaria relazione", di un legame ora "speciale". Il documento firmato, ha assicurato, è "molto importante e complessivo", "c'è molta soddisfazione, molta gioia". "Abbiamo trascorso tanto tempo insieme ed è andato molto meglio di quello che si potesse prevedere e questo porterà tanto di più".
"È un onore essere con il presidente Kim", ha aggiunto prima di stringere la mano e dare una pacca sulle spalle al leader di Pyongyang.
Toni roboanti anche da parte di Kim: "Abbiamo avuto un incontro storico, deciso di lasciarci il passato alle spalle, firmato un documento storico: il mondo vedrà questo importante grande cambiamento", ha affermato, e poi ha espresso "gratitudine a Trump per aver consentito che l'incontro avvenisse". Ci sono state difficoltà "ma le abbiamo superate tutte e oggi siamo qui". "Non è stato facile arrivare a questo punto. I vecchi pregiudizi e le vecchie pratiche sono stati ostacoli ma li abbiamo superati". E il vertice, nelle parole di Kim, è "un grande preludio per la pace".
Le conversazioni sono continuate durante la colazione di lavoro a base di cocktail di gamberi e insalata di avocado, polpo, costolette di manzo servite con patate e broccoli al vino rosso, maiale in agrodolce e riso, baccalà con ravanelli. Come dessert, tortino al cioccolato, gelato alla vaniglia e tropezienne.
Poi la firma del documento, prima della quale Trump ha mostrato a Kim "the beast", la macchina presidenziale. Trump era affiancato dal segretario di Stato Mike Pompeo, dal consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton e dal capo di gabinetto John Kelly. Ad accompagnare Kim, tra gli altri, Kim Yong-chol, numero due di Pyongyang, ricevuto alla Casa Bianca all'inizio del mese con la missiva formato gigante inviata del dittatore nordcoreano, quando il programmato summit sembrava sull'orlo del collasso. E invece l'impossibile è accaduto. Come ha detto Kim, piuttosto abile a usare anche i media nonostante viva in un regime recluso al resto del mondo, "molti nel mondo penseranno che è un film di fantascienza".