L'insediamento dell’Unifil a Marwahin nel sud del Libano - Reuters
La battaglia, attorno alla basi dei peacekeeper Onu nel Sud del Libano, continua. E non si fermano nemmeno gli attacchi contro gli uomini della missione delle Nazioni Unite: un quinto soldato del contingente Unifil è stato ferito «da colpi di arma da fuoco» nel quartier generale a Naqura. È indonesiano, come gli altri due militari feriti tre giorni fa. L’incidente, precisa un comunicato della missione Onu, è avvenuto nella notte tra venerdì e sabato quando un soldato «che si trovava nel quartier generale di Naqura è stato colpito da colpi di arma da fuoco a causa di un’attività militare che si svolgeva nelle vicinanze» dell’insediamento. Subito rimossa la pallottola, le sue condizioni sono «stabili».
A nulla sono valsi, sinora, gli appelli a rispettare la presenza delle Nazioni Unite nel Sud del Libano e le proteste formali contro Israele. Gli attacchi contro le basi di Unifil, ha precisato il portavoce della missione Andrea Tenenti, hanno provocato «molti danni». Colpita in particolare la postazione di Ramyah, raggiunta da un bombardamento diretto a un bersaglio poco distante, avvenuto sempre l’altra notte. Lavorare in questa situazione, ha spiegato Tenenti, «è molto difficile perché ci sono molti danni, anche all’interno delle basi. Proprio ieri sera (venerdì, ndr), appena fuori dalla posizione delle forze di pace ghanesi, l’esplosione è stata così forte che ha distrutto gravemente alcuni dei container che si trovavano al suo interno».
In precedenza il ministro degli Esteri Antonio Tajani era nuovamente intervenuto sull'attacco israeliano all'Unifil: «Vogliamo sapere se è stata una scelta politica o di militari sul terreno. Perché i nostri militari non sono terroristi di Hezbollah. E noi siamo amici di Israele. Aspettiamo risposte dall’inchiesta israeliana» ha concluso il titolare della Farnesina. «Sono settimane che chiediamo garanzie al governo israeliano e ci sono state date assicurazioni», ma «troppe volte ci sono stati attacchi contro i militari dell'Unifil, ci sono stati feriti». «I militari italiani non si toccano», ha ribadito il ministro degli Esteri italiano. Trattative, in vista del Consiglio Europeo della prossima settimana, sono in corso nell’Ue per arrivare a una dichiarazione congiunta di condanna degli attacchi israeliani alla missione dell’Onu.
L’Unifil nei giorni scorsi ha rifiutato di ritirarsi più a nord, in territorio libanese. Lo ha ricordato sempre il portavoce Andrea Tenenti: «Le forze israeliane ci hanno chiesto di lasciare le nostre posizioni lungo la Linea Blu, dal confine fino a 5 chilometri» dalla zona di separazione. Ma c’è stata una decisione unanime di restare, perché la bandiera dell’Onu deve sventolare in questa zona» dove l'Unifil dispiega circa 10 mila caschi blu. Una presenza ora è ancora più decisiva per garantire la stabilità del Medio Oriente. «Non esiste una soluzione militare», ha detto Tenenti chiedendo «discussioni a livello politico e diplomatico» per «evitare la catastrofe». «Il conflitto tra Hezbollah e Israele non è solo tra due Paesi, ma molto presto potrebbe diventare un conflitto regionale con un impatto catastrofico», ha aggiunto.
Ieri Israele ha ordinato l’evacuazione di altri 23 villaggi libanesi a nord del fiume Awali. L’ordine, secondo l’esercito, vuole garantire la sicurezza dei civili a causa dell’aumento delle attività di Hezbollah nell’area, dove nasconde bombe e da cui vengono lanciati razzi. Hezbollah ha replicato negando di nascondere bombe fra i civili. I raid aerei israeliani hanno però già colpito duro in altre aree: a Maaysra, villaggio sciita a nord di Beirut, sono morte cinque persone e altre 14 sono rimaste ferite. Altre quattro persone sono state uccise e 14 ferite in un altro attacco su Barja a sud della capitale libanese.