venerdì 7 febbraio 2020
Insorgono gli insegnanti per il piano di modifica dei programmi scolastici voluto dal premier. In vigore la nazionalizzazione dei centri di cura dell'infertilità che offrono assistenza gratuita
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán - Ansa

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Due facce del pianeta Viktor Orbán: la scuola e la difesa della vita. Entrambe, secondo i detrattori del leader ungherese, dettate da un profondo spirito di nazionalismo. Il mondo della scuola ungherese protesta energicamente contro il programma d'insegnamento obbligatorio, reso pubblico dal governo, ed improntato a un chiaro spirito nazionalista: stando ai piani del governo, andrà introdotto da settembre prossimo nelle scuole statali. L'associazione degli insegnanti ha chiesto che venga ritirato, denunciando ad esempio che nella lista degli autori da far leggere agli studenti compaiano i nomi di Albert Wass e Ferenc Herczeg, scrittori mediocri, simpatizzanti col fascismo, mentre rimane escluso l'unico premio Nobel ungherese: Imre Kertesz, sopravvissuto all'olocausto.
Altro esempio: in storia, il programma mette in grande rilievo le deportazioni degli ungheresi nei campi sovietici dopo la Seconda Guerra mondiale, ma molto meno le deportazioni degli ebrei (500 mila persone) nei campi di concentrazione nazisti.
Secondo Laszlo Miklosi, presidente dell'associazione degli insegnanti di storia "dal cambio di regime di 30 anni fa, mai un programma scolastico era improntato dall'ideologia così come questo". Il ministro, che ha la delega all'Istruzione, Miklos Kasler, ne ha invece difeso l'impostazione. "Le generazioni future devono essere educate in spirito nazionale e conoscere i valori patriottici", ha detto. Il governo di Viktor Orbán, negli ultimi anni, ha cercato sistematicamente di favoreggiare i teatri, artisti, scrittori, istituzioni culturali che promuovono il nazionalismo, contro "la scadente cultura liberale".

Le cliniche gratis

Il leader ungherese tira dritto anche sul fronte della natalità. Cliniche della fertilità diventate pubbliche offrono cure gratuite ai cittadini ungheresi. Il provvedimento annunciato dal primo ministro ultranazionalista è in linea con la sua nuova priorità di aumentare il tasso di natalità nel Paese per frenare il calo demografico degli ungheresi.
La nazionalizzazione dei centri di cura dell'infertilità e la gratuità dei trattamenti in vigore da pochi giorni sono strumenti voluti da Orbán anche per fare da contrappeso alla forte natalità dei migranti presenti in Ungheria e alla fuga di giovani laureati in altri Paesi dell'Europa occidentale in cerca di stipendi più alti. "Siamo un governo che difende la vita, quindi vogliamo sapere cosa succede in questo settore" ha detto Orban nei giorni scorsi, annunciando che l'esecutivo ha ormai la gestione dei programmi per la fertilità, gratuiti, quale strumento di "importanza strategica nazionale".
Durante l'ultimo anno le autorità ungheresi hanno progressivamente comprato le sei maggiori cliniche private specializzate in fecondazione in vitro, proprio per invertire l'ineluttabile calo demografico. Finora lo Stato copriva le spese per un massimo di cinque trattamenti di inseminazione che costavano alle famiglie tra 1.000 e 3.000 euro tra analisi e medicinali, per un totale di 13.000 casi rimborsati ogni anno. Per mancanza di mezzi molte coppie hanno dovuto rinunciare alle cure. Esperti e analisti locali hanno già espresso dubbi sulla decisione del governo sia in termini di mantenimento del livello di qualità delle cure nelle cliniche ormai nazionalizzate che di cancellazione di ogni forma di concorrenza. In base alle stime, in tutto saranno circa 4.000 i bambini che dovrebbero nascere grazie alla gratuità delle cure - in vigore per ora fino al 31 dicembre 2022 - un numero irrisorio rispetto alle 90.000 nascite annue.

Nell'Ungheria post comunista del 1989 vivevano 10,42 milioni di abitanti e 30 anni dopo la popolazione non supera quota 9,77. Finora gli sforzi attuati dai vari governi per bloccare il calo demografico non hanno sortito grandi risultati, con il tasso di natalità passato da 1,2 a 1,5 figlio per ogni donna, rimanendo al di sotto dei 2,1 necessari per garantire il tasso di ricambio della popolazione, che ogni anno 'perdè 200.000 individui.

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