Dopo sessant’anni, l’Europa della Difesa comincia a diventare a realtà. Ieri 23 Stati membri Ue hanno solennemente firmato la lettera che annuncia la cooperazione strutturata permanente in materia (Pesco) – una possibilità prevista dal Trattato di Lisbona, ma finora mai attuata. «È una giornata storica per la difesa europea» ha dichiarato l’Alto rappresentante per la politica Estera Ue Federica Mogherini, la Pesco, ha aggiunto, «ci permetterà di sviluppare programmi di armamento e facilitare la messa a punto di operazioni esterne».
La svolta si era profilata già nel 2016, a trazione anzitutto franco-tedesca, ma con un’immediata adesione anche di Italia e Spagna. «C’è stato il lavoro – ha sottolineato il ministro della Difesa Roberta Pinotti – che abbiamo fatto con Germania, Francia e Spagna per mettere un po’ di benzina», con una lettera a quattro lo scorso anno. Si è aperta così la strada a quello che era stato già un progetto lanciato negli anni Cinquanta, dapprima silurato dal Parlamento francese, e poi a lungo osteggiato dalla Gran Bretagna. «Dopo 60 anni di attesa – ha detto Pinotti – in pochi mesi abbiamo percorso più strada di quella che era stata compiuta nei decenni precedenti».
L’invasione russa in Crimea, la Brexit e l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca hanno creato un cambio di umori aprendo alla strada a quello che è al momento praticamente l’unico grande progetto europeo che davvero mette d’accordo quasi tutti – almeno nelle linee generali. Anche se non sono mancati dissidi iniziali proprio tra Parigi, che avrebbe voluto una cooperazione più ristretta e ambiziosa, e Berlino, che ha insistito, e ottenuto, la più ampia partecipazione possibile. E infatti partecipano tutti gli Stati membri, tranne il Regno Unito (che nel 2019 lascerà l’Ue), la Danimarca e Malta. Non hanno potuto firmare ieri (per questioni procedurali interne) Portogallo e Irlanda, ma lo faranno a dicembre. Manca un ultimo passo formale, lo scontato via libera a maggioranza qualificata, a dicembre, del Consiglio Ue (che rappresenta gli Stati membri).
Tutti a Bruxelles sottolineano che non si tratta di lanciare un «esercito europeo» (ogni Stato membro rimane responsabile delle sue forze armate e delle sue capacità), ma di migliorare la cooperazione e favorire l’interoperabilità per gestire meglio le risorse. Tre gli ambiti principali: gli investimenti per la difesa, lo sviluppo di nuove capacità e la disponibilità a partecipare a operazioni militari congiunte, anzitutto a sostegno delle oltre 30 missioni civili Ue in corso, dall’Iraq alla Repubblica Centrafricana. Cruciale sarà il fondo europeo per la difesa, lanciato già lo scorso luglio e che può contare su 5,5 miliardi di euro l’anno per gli investimenti comuni in armamenti. Previsto inoltre anche un meccanismo di revisione annuale dei piani di difesa nazionali, per individuare eventuali lacune sul piano delle capacità.
Non basta, in una lista di venti impegni «comuni e vincolanti» figura l’aumento delle spese militari nazionali, la promessa di dedicare il 20% del bilancio militare all’investimento in difesa e il 2% alla ricerca e allo sviluppo. Entro giugno, l’auspicio è di arrivare individuare i progetti comuni da perseguire, il che non sarà impresa facile, al momento sul tavolo ci sono già circa 50 proposte. Tra i piani più interessanti c’è quello per il drone europeo, in cui l’Italia è pienamente coinvolta, oltre alle ipotesi di trasformare la Nunziatella di Napoli (la più antica scuola militare d’Europa) in una scuola di formazione europea e di realizzare a Torino una scuola internazionale di Peacekeeping. Si parla anche di una «Schengen della Difesa», e cioè la semplificazione degli spostamenti militari transfrontalieri.
Cosa è la Pesco
La Pesco, e cioè la Cooperazione strutturata permanente, è stata introdotta dal Trattato di Lisbona, in vigore dal 2009. Punta a rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza e difesa tra gli Stati membri che vogliano partecipare, sviluppando le capacità militari e rafforzando le capacità dell’Ue di agire a livello militare. Non è però un esercito comune europeo, visto che gli Stati mantengono il diritto sovrano di comandare le proprie forze armate e rimangono proprietari di capacità sviluppate nel quadro Pesco. La principale differenza con altre forme di cooperazione sta nel fatto che gli impegni presi sono vincolanti. Sul piano operativo, la Pesco avrà un livello politico, dove si decide all’unanimità sugli indirizzi politici, e un secondo che riguarda i singoli progetti.