Foto di distruzione in Ucraina - .
Visto da Mykolaiv il voto europeo è molto di più che un appuntamento elettorale. «Si tratta di scegliere tra l’Europa della libertà e quella di Putin», riassume il benzinaio che da un momento all’altro vide i russi prendersi tutto e poi insperatamente scappare inseguiti dalle forze di Kiev e dalle armi “Made in Europe”.
Proprio qui, tra campi senza contadini e ferraglia russa abbandonata durante la controffensiva ucraina del 2022, va in scena la corsa contro il tempo per costruire le nuove fortificazioni, casomai le forze di Mosca tornassero a sfondare le linee di difesa per occupare i territori liberati
In guerra tutto è più complicato. Ma i ragionamenti si fanno più netti. «La maggior parte dei partiti europei centristi, un tempo filo-russi, sono ora chiaramente anti-Putin alla luce della guerra di annientamento della Russia contro l'Ucraina», scriveva ieri sul “Kiyv Post” l’analista svedese Andreas Umland, che per il “Stockholm Centre for Eastern European Studies” analizza da decenni i processi nei paesi postsovietici. Con una parziale rassicurazione: «A differenza di quanto accadeva prima del 2022, i nazionalisti europei nel loro complesso non sono più uniti nel loro sostegno alla Russia. La destra italiana, ad esempio, era in gran parte pro-Putin sotto la guida di Berlusconi, Salvini e simili; la situazione è cambiata sotto Giorgia Meloni».
L’Italia rimane la sorvegliata speciale e molti, dai soldati al rientro dai fronti più avanzati agli opinionisti che alimentano il dibattito interno, non nascondono i timori che dopo la leadership di Mario Draghi, Putin possa muovere diverse pedine da Bruxelles a Roma. «La crescita dei partiti populisti di destra, gli scandali dell’interferenza russa e la strisciante stanchezza dell’Ucraina - avverte il “Kiyv Independent” - sono fonte in Ucraina di una certa ansia prima del voto».
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Amanda Paul, analista presso l'European Policy Center (Epc) in un commento ripreso dai media di Kiev mette in guardia: «Immagino che vedremo ancora un sostegno piuttosto forte all'Ucraina in termini di aiuti militari ed economici», anche se«leggermente diminuito».
Nonostante le forze russe siano state respinte per oltre 70 chilometri, fin dietro all’argine del Dnepr che attraversa la città meridionale di Kherson, nelle regioni che hanno conosciuto la brutale occupazione sta montando una paura che a tratti appare irrazionale. «Dopo le elezioni europee Putin ci riproverà», preconizza Galina, mentre è indaffarata a far quadrare le cose nel piccolo albergo a forma di tempio greco dove alle finestre sono tornati i pannelli di legno di chiaro, a protezione dalle schegge dei bombardamenti. No ha dubbi su come andranno le cose: «Se Putin sarà soddisfatto del voto europeo, tornerà a bombardarci per riconquistarci. Se non sarà soddisfatto, bombarderà più forte di prima».
Il campanello d’allarme è stata l’inchiesta della magistratura di Praga che nel marzo scorso ha avviato indagini che coinvolgono diversi esponenti politici, presumibilmente pagati da agenti filo-russi che dalla Repubblica Ceca avrebbero agganciato fra gli altri Petr Bystron, candidato tedesco al Parlamento Ue per il partito di estrema destra Afd. E poi c’è l’Ungheria, che per gli Ucraini è una ferita difficile da suturare. «Hanno dimenticato di essere stati traditi dall’Occidente durante la rivoluzione antisovietica del 1956», ricorda Viktor, l’anziano veterano delle milizie cosacche con il bavero e i fregi sempre in vista anche al mercato. Si liscia i baffoni ingialliti dai troppi sigari e da quelli che chiama “bagni di vodka”, prima di farsi una domanda: «Non abbiamo ancora capito quale torto abbiamo fatto a Orban».
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L’Ungheria, che con l’Ucraina condivide anche 103 chilometri di confine, è stata «costantemente il paese più favorevole al Cremlino durante tutta la guerra, bloccando ripetutamente gli aiuti all’Ucraina e le sanzioni contro la Russia», ripetono come un mantra i blog di politica e i canali di informazione compulsati ossessivamente alla ricerca di novità dal fronte. Non ne arrivano di buone, mentre l’ennesimo blackout elettrico e l’acqua che dai rubinetti esce a singhiozzo, ricordano che la guerra è molto di più che un rumore di fondo.
Bruxelles è il principale donatore di aiuti non militari all’Ucraina. La commissione guidata da Vonder Leyen aveva stanziato nel bilancio 2021-2027 un pacchetto quadriennale di 50 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti per le esigenze dell’Ucraina. «È probabile che tali piani vengano sottoposti a un attento esame se i partiti di destra otterrano una posizione più forte nel parlamento», è il timore del “Kyiv Independent”. Le somme verranno tirate da lunedì. «Sempre se saremo ancora vivi - saluta il vecchio cosacco -. Ho servito l’esercito dell’Urss e Putin è riuscito a farmi vergognare anche della mia giovinezza».