Manifestazioni contro il governo in Sud Sudan - Ansa
Il Sud Sudan non riesce a trovare pace. Decine di persone sono, infatti, rimaste uccise in seguito a degli scontri tra l’esercito regolare e alcune comunità di giovani armati residenti nel nord del Paese. Il governo sud sudanese ha appena lanciato una delicata operazione di disarmo che sembra provocare più danni che soluzioni.
“Almeno 148 persone sono morte e circa 140 sono rimaste ferite a Tonj, nello Stato di Warrap”, ha spiegato ieri Lul Ruai Koang, il portavoce dell’esercito sud sudanese. “Tra i corpi che abbiamo recuperato ci sono 63 dei nostri soldati e 85 civili. Sebbene i combattimenti si sono protratti durante lo scorso fine settimana – ha continuato Koang –, siamo stati capaci di ottenere solo oggi informazioni più precise su questa strage”.
I feriti sono stati evacuati dall’area verso la capitale Juba. E se una certa calma sembra essere ritornata, la tensione rimane alta. Secondo le prime ricostruzioni, gli scontri sono stati provocati sabato con l’uccisione da parte dell’esercito di un civile armato che stava tentando di scappare. Poco dopo, un gruppo di giovani muniti di fucili avrebbero iniziato a sparare contro i soldati governativi per rappresaglia.
Domenica la situazione è peggiorata. Entrambe le parti si sono affrontate causando la maggioranza delle vittime durante l’intera giornata. “Le violenze sono scoppiate dopo un disaccordo legato a un esercizio di disarmo – ha confermato ieri Stephan Dujarric, portavoce delle Nazioni unite, grazie a una nota inviata dalla Missione Onu nel Paese (Unmiss) –. Durante la sparatoria sono stati distrutti e saccheggiati negozi, abitazioni, e gran parte del mercato locale”. Unmiss ha spedito i suoi caschi blu martedì per aiutare le autorità a gestire la situazione.
Seguendo una delle condizioni previste dall’accordo di pace con i ribelli per formare un nuovo governo di unità nazionale, il presidente sud sudanese, Salva Kiir, ha avviato alcune operazioni di disarmo in varie zone del Paese. Ma diverse organizzazioni internazionali e della società civile hanno giudicato tale strategia “troppo affrettata” e priva di un dialogo preventivo necessario a evitare massacri come quello di Tonj.
“Il disarmo in sud Sudan assomiglia di più a delle operazioni punitive da parte dell’esercito – afferma Alan Boswell, analista presso l’International crisis group (Icg) –. Il governo manca di legittimità politica in molte parti del territorio sudsudanese dove la gente si sente indifesa”. Le organizzazioni umanitarie hanno inoltre espresso serie preoccupazioni riguardo alle violenze e all’impossibilità di muoversi a causa della pandemia di coronavirus che in sud Sudan ha registrato “oltre 2,400 contagi e 47 decessi”.
Un nuovo governo sud sudanese è stato formato a febbraio grazie alla tregua tra Kiir, di etnia dinka, e il suo arcirivale Riek Machar, un nuer, diventato il primo vice-presidente. Ma entrambi i leader hanno difficoltà a gestire i loro soldati che, spesso, fanno riesplodere focolai di guerra. Da quando nel Paese più giovane al mondo è scoppiato il conflitto civile nel 2013, due anni dopo l’indipendenza dal Sudan, sono “almeno 400.000 i morti e 6,5 milioni i profughi”.