Il dramma di Valencia - Fotogramma
Dodici ore. Tanto è trascorso dall’allerta rossa, inviata alle 8.04 di martedì via Twitter, dall’Agenzia meteorologica nazionale e l’avviso, spedito sui cellulari degli abitanti della regione di Valencia, dal governo locale guidato dal popolare Carlos Mazón. Su questo lasso di tempo si gioca la nuova polemica politica che divide la Spagna, in piena emergenza. Il leader dell’opposizione e del Partito popolare (Pp), Alberto Núñez Feijóo, a Valencia, ha giustificato la gestione del governatore e puntato il dito sull’esecutivo centrale del socialista Pedro Sánchez.
“Ha deciso in base all’informazione ricevuta. E queste competono a organismi di competenza esclusiva dell’esecutivo centrale”, ha detto. Dalle accuse ha cercato, invece, di smarcarsi l’interessato che ha ringraziato Sánchez, giunto anche lui a Valencia, per la solidarietà. Nel frattempo, il ministero dell’Interno ha ricordato come, una volta dato l’allarme, spetti alla Generalitat predisporre un piano di emergenza.
Esattamente un anno fa, poco dopo l’entrata in carica, la nuova amministrazione, frutto dell’alleanza tra Pp e l’ultra-destra di Vox, ha deciso di sopprimere l’Unità valenciana di emergenza, creata dal predecessore socialista Ximo Puig. È stato proprio Vox – che lo scorso luglio ha abbandonato la giunta accusata di essere troppo morbida sui migranti – a premere per la “ristrutturazione dei servizi pubblici” che ha portato all’eliminazione dell’organismo specializzato nella reazione rapida di fronte alle calamità. “Troppo costoso”, aveva detto il governatore. Le proteste di esperti e ambientalisti, che considerano fondamentale investire in piani di adattamento con l’acuirsi del riscaldamento globale, non gli avevano fatto cambiare idea.