Un blindato turco nei pressi di Binnish, città siriana vicina al confine - (Ansa)
Se le postazioni di osservazione turche nell'area di Idlib saranno attaccate "colpiremo le forze del regime siriano ovunque", senza più tenere conto "del memorandum di Sochi". Dopo gli ultimi raid dell'esercito siriano a Idlib e la reazione di martedì di Ankara, la minaccia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan risuona forte e chiara di primo mattino. L'intesa raggiunta con la Russia il 22 ottobre a Sochi, che di fatto riconosceva la situazione sul terreno dopo l'operazione "Fonte di pace" e stabiliva un cessate il fuoco, può saltare. "Dove verrà versato il sangue dei nostri soldati, nessuno sarà al sicuro", ha aggiunto Erdogan, precisando che le vittime turche a Idlib nei raid dell'artiglieria governativa degli ultimi 10 giorni sono salite a 14, una in più rispetto a quelle note in precedenza.
Ieri il ministero della Difesa di Ankara aveva dichiarato che le sue forze armate avevano "neutralizzato" - ucciso o ferito - a Idlib 51 soldati del regime siriano di Bashar al Assad. Un'operazione militare avviata in risposta al fuoco d'artiglieria governativo, che aveva ucciso martedì altri 5 soldati turchi nell'area.
La mediazione del Cremlino
A metà mattina dal Cremlino filtrava la notizia di una telefonata fra Vladimir Putin e Recep Erdogan, attesa da giorni, in cui si è sottolineata la necessità "della piena attuazione degli accordi esistenti tra Russia e Turchia", compreso il memorandum, firmato sempre a Sochi fra Putin ed Erdogan il 17 settembre 2018. Con il memorandum, garante la Russia, la Turchia si impegnava a non invadere l'area di Idlib in cambio dell'istituzione di una zona cuscinetto smilitarizza sul confine profonda 15-20 chilometri. Il Cremlino ha però accusato la Turchia di non aver "neutralizzato i terroristi" nella provincia di Idlib, come previsto dagli accordi fra Mosca e Ankara: "Stiamo ancora constatando con delusione che questi gruppi di Idlib attaccano le forze siriane ed effettuano azioni aggressive contro le nostre strutture militari", ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov.
E' questo, forse, il decisivo tentativo di mediazione della Russia per evitare l'escalation nell'ultima "provincia ribelle" della Siria dopo che a inizio mese si sono registrati violenti scontri fra le forze di Damasco e quelle di Ankara. Il ministro degli Esteri turco Cavusoglu ha fatto sapere che "nei prossimi giorni" una delegazione turca si recherà in Russia per proseguire i colloqui iniziati ad Ankara nei giorni scorsi con una delegazione russa sulla crisi a Idlib. "La situazione a Idlib si sta severamente aggravando a causa dell'arrivo di armi e munizioni nella zona di de-escalation attraverso il confine turco-siriano nonché di colonne di mezzi blindati e truppe turche nel territorio della provincia siriana di Idlib", ha dichiarato il ministero della Difesa russo.
Nonostante l'accordo tra Turchia e Russia, l'esercito di Damasco, sostenuto da Mosca, a dicembre ha sferrato un'offensiva per riprendere il controllo della provincia nel nord-ovest della Siria e sottrarla a milizie ribelli, alcune sostenute dalla Turchia, e a gruppi islamisti. L'offensiva non sta risparmiando la popolazione civile, con più di 600 mila profughi in fuga verso il confine turco.
A Qamishli scontri pure con truppe statunitensi
Intanto scontri armati tra forze statunitensi e combattenti filo-Damasco si sono registrati nel villaggio di Kharbat Amo, a Est di Qamishli, in Siria. Lo ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui almeno una persona è stata uccisa e un'altra è stata ferita, che ha pure segnalato raid aerei statunitensi sullo stesso villaggio. Non è chiaro se la vittima è un civile o un militare statunitense.
Nuovo appello di Papa Francesco: preghiamo per la Siria
Papa Francesco, dopo l'appello all'Angelus di domenica, è tornato nuovamente ad esprimere tutta la sua preoccupazione per la situazione in Siria durante l'udienza generale: "Io vorrei che tutti pregassimo per l'amata e martoriata Siria. Tante famiglie, tanti anziani, bambini, devono fuggire dalla guerra. La Siria sanguina da anni, preghiamo per la Siria", ha dichiarato.
"La crisi umanitaria sta assumendo contorni sempre più disperati e costringendo un numero elevatissimo di persone alla fuga", ha dichiarato in una nota l'Acnur che sta già fornendo i beni di prima necessità, quali tende e coperte, in collaborazione coi propri partner umanitari mentre sono stati ampliati i servizi di sostegno psicologico e sociale per la popolazione più vulnerabile che fugge dal conflitto. Tuttavia, precisa l'agenzia Onu per i rifugiati, i recenti esodi forzati hanno reso ancor più inadeguate le capacità di risposta ed necessario assicurare con urgenza maggiori risorse e finanziamenti.