Trump e Comey. C'è attesa per la deposizione dell'ex direttore dell'Fbi (Ansa)
Donald Trump chiese all'allora capo dell'Fbi James Comey di insabbiare l'inchiesta sul Russiagate, in particolare di lasciar cadere le indagini sul suo ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn: la
dichiarazione esplosiva, che potrebbe aprire la via dell'impeachment per Trump, è contenuta nella dichiarazione scritta (sette pagine) che Comey leggerà giovedì 8 nella sua audizione pubblica sotto giuramento davanti alla commissione intelligence del Senato.
Una deposizione temutissima, che Trump ha deciso di non bloccare rinunciando al privilegio esecutivo, ma che potrebbe segnare l'inizio della fine della sua presidenza se l'ex direttore del Bureau, come sembra, confermerà le pressioni da lui subite nel Russiagate prima di essere silurato.
Dalle prime anticipazioni, Comey riferirà che in una cena a due alla Casa Bianca Trump gli disse "ho bisogno di lealtà, mi aspetto lealtà". E gli chiese anche di "lasciare andare" le indagini su Flynn, definendolo "un bravo ragazzo". Quanto alle indagini sulla Russia, il magnate gli avrebbe chiesto di "togliere la nube" che comprometteva la sua capacità di agire per il paese. Comey racconterà anche che era preoccupato che la cena fosse in parte finalizzata "a creare una sorta di relazione di sostegno". E confermerà inoltre di aver scritto un memo sulla conversazione con il presidente e che con lui ebbe ben nove colloqui "face to face" in quattro mesi, di cui tre in persona e sei al telefono.
Una vera spada di Damocle proprio nel giorno in cui Michael Rogers, capo della National Security Agency, e Dan Coates, direttore della National intelligence, sembravano essere venuti in suo soccorso: pur rifiutandosi di parlare dei colloqui con Trump, entrambi hanno sostenuto davanti alla stessa commissione
del Senato di non aver mai ricevuto ordini per fare alcunché di illegittimo, né di essersi mai sentiti sotto pressione.
Le anticipazioni della deposizione di Comey (definite "inquietanti" dal senatore repubblicano John McCain) rischiano di oscurare anche la buona mossa per sostituirlo alla guida dell'Fbi, un 'outsider' che sembra riscuotere un consenso generale. Il tycoon ha infatti annunciato via Twitter la nomina di Christopher A. Wray. Laurea in legge a Yale, Wray, 57 anni, è stato procuratore federale ad Atlanta e poi, dal 2003 al 2005,
assistant attorney general al Dipartimento di Giustizia, dove è stato responsabile della divisione criminale specializzandosi nelle frodi finanziarie delle società. Si è distinto anche nelle azioni dello stesso dipartimento contro il terrorismo dopo gli attacchi dell'11 settembre. Poi è passato allo studio legale
internazionale Kink & Spalding. Tra i potenti che ha difeso, il governatore del New Jersey Chris Christie, nel Bridgegate.
È un sostenitore dei repubblicani ma non è noto come uomo di parte. Fatto singolare: ha lavorato agli ordini di Comey e nel 2004 gli avrebbe assicurato fedeltà nel braccio di ferro tra l'allora attorney general ad interim e Bush, che voleva l'avallo del dipartimento alle intercettazioni telefoniche senza autorizzazione.