venerdì 3 gennaio 2025
I ministri Baerbock e Barrot a Damasco come inviati dell’Ue. Chiesto rispetto dei diritti della minoranza cristiana e una soluzione politica per i curdi. «Non finanzieremo istituzioni islamiche»
Il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot e quello tedesco Annalena Baerbock in visita al carcere siriano di Sednaya/Afp

Il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot e quello tedesco Annalena Baerbock in visita al carcere siriano di Sednaya/Afp - Ansa

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La “mano tesa” alla nuova Siria non poteva che venire offerta partendo da Sednaya, il “carcere macello” del regime di Bashar al-Assad. La visita a sorpresa della ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock e del ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot, a Damasco in rappresentanza dell’Unione Europea, inizia dalla fabbrica di morte e di torture che l’Occidente per decenni ha finto di non vedere. E da cui, secondo Ong siriane, a inizio dicembre sono state liberate 14mila persone.

Una svolta – impensabile solo un mese fa – che ora alimenta la speranza di «una Siria sovrana, stabile e pacifica». Una «speranza reale» ma anche «fragile», afferma Barrot.

La stretta di mano, poco dopo al palazzo presidenziale con il leader di Hayat Tahrir al-Sham, Muhammad al-Jolani, rinsalda la speranza ma non elimina cautela e distinguo. «Insieme, Francia e Germania sono al fianco del popolo siriano, in tutta la sua diversità», scrive su X il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot.

Francia e Germania, dopo quasi 14 anni di guerra civile e più di mezzo secolo di regime poliziesco, vogliono contribuire a una «transizione pacifica». Baerbock chiede una «casa sicura» per tutto il popolo siriano, e uno «Stato funzionante, con il pieno controllo sul suo territorio». Un «chiaro segnale» ai nuovi leader di Damasco per favorire «un trasferimento di potere inclusivo e pacifico», così come la «riconciliazione sociale», prosegue Baerbock. La ministra tedesca chiede inoltre di evitare «atti di vendetta contro gruppi della popolazione», ritardi nelle elezioni e qualsiasi tentativo di «islamizzazione» della magistratura e dell’istruzione. Barrot – che ha visitato pure la sede diplomatica di Parigi chiusa ormai da anni – incontra i rappresentanti delle comunità cristiane e della società civile. Forte attenzione di Parigi per i diritti delle minoranze: la Francia chiede «una Siria plurale in cui i diritti di ciascuno sono preservarti nel contesto di una cittadinanza comune». Barrot, poi ha incontrato i vertici delle Forze democratiche siriane e ha chiesto una «soluzione politica» per i curdi, che il governo di Parigi vuole «pienamente integrati in questo processo politico che inizia oggi».

Diritti delle diverse comunità sottolineati pure dall’Alta rappresentante Ue, Kaja Kallas in un messaggio via social ai nuovi leader della Siria: «Il rispetto dei principi concordati con gli attori regionali e le garanzie di protezione dei civili e delle minoranze sono fattori di primaria importanza», ha affermato Kallas.

Nuove relazioni internazionali tutte da costruire, nella Siria vero cantiere diplomatico mediorientale. Giovedì il ministro degli Esteri siriano Asaad Hassan Al-Shibani dichiarava in Arabia Saudita – durante la sua prima visita all’estero – che la nuova leadership di Damasco vuole formare un governo capace di coinvolgere «tutte parti della società siriana».

Una “mano tesa” dall’Europa senza dimenticare «da dove proviene l’ideologia» dell’Hts, ma riconoscendo un «desiderio di moderazione», ha concluso la ministra degli Esteri tedesca Baerbock. Comunque, ha precisato Baerbock ad al-Jolani, «l’Europa non finanzierà istituzioni islamiche».

Un processo solo avviato, con nodi da sciogliere che paiono del tutto inestricabili: per la Germania spetta ai siriani prendere una decisione sulla permanenza di basi russe in Siria. Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha definito un «passo essenziale» il rimpatrio dei foreign fighter: «Il nuovo governo siriano dovrà prendere il controllo dei campi e delle prigioni in cui si trovano i terroristi dell’Isis e le loro rispettive mogli e famiglie. Gli stranieri devono essere mandati indietro ed essere presi in consegna dai Paesi di cui sono cittadini», ha affermato. Inoltre Ankara «continuerà a proteggere le minoranze», curdi compresi, ma non accetterà la presenza nel nord della Siria di un’organizzazione separatista curda come Ypg.

Tensioni sotto traccia, che resistono agli sforzi diplomatici: almeno 24 combattenti, 23 dei quali appartenenti a fazioni armate sostenute dalla Turchia, sono stati uccisi negli scontri con le Forze Democratiche Siriane a maggioranza curda in due villaggi a sud di Manbij. Una vittima fra i curdi, afferma l'Osservatorio siriano per i diritti umani, in un bilancio ancora provvisorio. Gli scontri proseguono a sud e a est di Manbij, regine a maggioranza curda, mentre le forze turche bombardano la zona con droni e artiglieria pesante.

Ieri mattina quattro raid dei jet israeliani hanno colpito a sud di Aleppo fabbriche per la produzione di armi appartenenti al deposto regime di Bashar al-Assad. Un’operazione che ha ricordato il raid israeliano dell’8 settembre che distrusse una fabbrica di missili iraniani. E dopo gli scontri al confine con il Libano la Siria ha imposto restrizioni all’ingresso dei cittadini libanesi.

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