Sono i dati contenuti nella nota diffusa oggi dalla Sala Stampa Vaticana, al termine dell'intervento del cardinale Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. I dati sono ricavati dal rapporto 2013 del Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite e dall'Organizzazione mondiale per la migrazione (Oim). Dei circa 136 milioni di migranti internazionali che abitano nel Nord del mondo, circa 82 milioni (pari al 60%) sono nati in un Paese in via di sviluppo, mentre i restanti 54 milioni (ossia il 40%) sono nati in un altro Paese del Nord.
Dei circa 96 milioni di migranti internazionali che abitano nel Sud del mondo, circa 82 milioni (86%) sono nati nel Sud del mondo, mentre i restanti 14 milioni (14%) provengono dal Nord del mondo.
Quanto alle zone di partenza dei migranti internazionali, l’Asia è il primo continente della lista con circa 92.500.000 persone emigrate, seguito poi dall’Europa (58.400.000 persone), dall’America Latina e Caraibi (36.700.000 persone), e dall’Africa (31.300.000 persone). In coda, vi è l’America del Nord con circa 4.300.000 persone emigrate e l’Oceania con un numero di 1.900.000 migranti.
Dal punto di vista del continente/regione di destinazione, il primo posto spetta all’Europa, dove ora si trovano circa 72.400.000 migranti; seguita poi dall’Asia con circa 70.800.000 immigrati e dall’America del Nord con circa 53.100.000 immigrati. Gli ultimi posti nell’elenco sono occupati da Africa (18.600.000), America Latina e Caraibi (8.500.000), e infine l’Oceania con 7.900.000 immigrati.
I flussi migratori tendono, quindi, a recarsi verso i Paesi del Nord del mondo, però, la migrazione verso il Sud, tuttavia, non è un fatto da sottovalutare né trascurare.
In generale, si notano quattro assi di migrazione: Nord-Nord, Sud-Sud, Nord-Sud e Sud-Nord e secondo il World Migration Report 2013 dell’Organizzazione Mondiale per la Migrazione (Oim), i più comuni corridoi per ciascuna delle assi di migrazione sono:
1. Nord-Nord: la migrazione dalla Germania verso gli Stati Uniti d’America, seguita da quella dal Regno Unito verso l’Australia; infine il movimento migratorio dal Canada, dalla Repubblica di Corea e dal Regno Unito verso gli Stati Uniti d’America.2. Sud-Sud: la migrazione dall’Ucraina verso la Federazione Russa, seguita da quella in direzione inversa dalla Federazione Russa verso l’Ucraina; quindi la migrazione dal Bangladesh verso il Bhutan, e quella dal Kazakhstan verso la Federazione Russa e l’Afghanistan.3. Sud-Nord: al primo posto, la migrazione dal Messico verso gli Stati Uniti d’America, seguita da quella dalla Turchia verso la Germania; infine la migrazione dalle Filippine, dalla Cina e dall’India verso gli Stati Uniti d’America.4. Nord-Sud: dagli Stati Uniti d’America verso il Messico e il Sudafrica, seguita dalla migrazione dalla Germania verso la Turchia, quella dal Portogallo verso il Brasile e, infine, quella dall’Italia verso l’Argentina.
Vi sono anche due altre caratteristiche delle migrazioni moderne che, dal punto di vista della pastorale della Chiesa, hanno un significato rilevante. La prima, notata dallo stesso rapporto dell’OIM del 2013, è che la maggioranza dei migranti nel mondo sono uomini, tranne il caso lungo l’asse Nord-Nord, dove la migrazione è a maggioranza femminile.
La seconda, anch’essa evidenziata dallo stesso rapporto, è che vi è una migrazione sempre più giovane nel Sud del mondo. In particolare, si rilevano tre trend distinti per quanto riguarda l’età dei migranti. Al primo posto, la percentuale dei migranti fino a 24 anni di età è molto più elevata al Sud rispetto a quella del Nord, specialmente nella fascia d’età tra 0 e 14 anni. In secondo luogo, al contrario, nella fascia di età lavorativa (tra 19 e 65 anni di vita) vi è una presenza più forte nei Paesi del Nord del mondo. Infine, le statistiche mostrano una maggior presenza di migranti internazionali al Sud del mondo nelle fasce di età più avanzate, ed è una presenza soprattutto femminile. Questo, secondo il rapporto, si spiega grazie a migliori condizioni di vita o alle difficoltà a ritornare al Paese d’origine.