Un supporter di Memorial protesta davanti alla sede della Corte Suprema a Mosca. Nel cartello la scritta: "Noi siamo Memorial" - Ansa
«My budem zhit vsegda», noi vivremo per sempre. Era scritto su un cartello fuori dalla Corte Suprema di Mosca, poco prima che venisse emessa la sentenza sulla chiusura dell’organizzazione Memorial International. Un verdetto che, purtroppo, era stato ampiamente annunciato ed è stato reso noto appositamente sotto Capodanno, quando tutta la Russia è avvolta dal clima ovattato delle feste.
Memorial International, la più importante organizzazione di denuncia dei crimini del comunismo (e non solo) è stata chiusa perché viola l’ormai tristemente nota legge sugli agenti stranieri. Il provvedimento, in vigore dal 2012, bolla come «agenti stranieri», un’espressione che in Unione Sovietica era comparata a quella di «spia», le organizzazioni che ricevono fondi dall’estero e le cui azioni sono ritenute contrarie agli interessi della Russia. Sotto la sua mannaia, nel giro di pochi mesi, hanno cessato le pubblicazioni o sono stati chiusi numerosi media di opposizione e Ong. Fra queste, c’è anche la Fondazione Anti Corruzione di Alexeij Navalny, il maggiore oppositore al presidente Vladimir Putin, a sua volta in carcere, ufficialmente per appropriazione indebita.
In particolare, Memorial è stata accusata di aver «denigrato la memoria dell’Unione Sovietica» e delle sue vittorie, e di aver riabilitato i «criminali nazisti». Durante l’udienza di ieri un pubblico ministero ha affermato che Memorial «crea una falsa immagine dell’Urss come stato terrorista e denigra la memoria della Seconda guerra mondiale». Quella di Mosca come potenza vincitrice sul nazismo e liberatrice di Berlino è un’immagine alla quale decine di milioni di russi sono molto affezionati e sulla quale si basa buona parte della retorica nazionalista.
Il fato a volte sa essere davvero spietato e ha voluto che questa sentenza arrivasse a tre giorni dal trentesimo anniversario della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Segno che la componente ideologica può essere venuta a mancare e che il sistema economico possa essere in parte cambiato. Ma la repressione del dissenso e la quasi totale mancanza di una vera opposizione, accentuatasi dal 2010 in poi, rendono la differenza fra i due periodi sempre più labile.
«Si tratta di una sentenza politica, che arriva dai livelli più alti dello Stato – hanno detto da Memorial ad Avvenire, senza menzionare direttamente il presidente, Vladimir Putin –. Una decisione che colpisce non solo il nostro lavoro di indagine storica, ma anche quanto fatto per difendere i diritti umani. E si tratta di un messaggio terribile per la società civile russa. Da questo momento ormai davvero nessuno può sentirsi al sicuro. Questa sentenza dimostra anche la mancanza di indipendenza della magistratura».
L’organizzazione già ieri ha fatto sapere che farà appello in Cassazione per annullare la sentenza e di essere pronta ad arrivare fino alla Corte Europea dei Diritti Umani. La sezione italiana dell’organizzazione ha chiesto un incontro con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio per sollecitare un suo intervento ufficiale. «Se l’appello dovesse andare male – hanno spiegato ancora da Mosca ad Avvenire – troveremo il modo di continuare a lavorare come comunità di volontari, che poi è come siamo nati. Anche se sappiamo che questo potrebbe rendere la nostra vita ancora più difficile». Se fuori dai confini nazionali, Memorial International è conosciuta e molto rispettata per il suo lavoro di denuncia storica, il mese scorso, un sondaggio del Levada Centre, istituto di ricerca indipendente e anch’esso iscritto nella lista degli agenti stranieri, ha rivelato che appena un terzo dei russi è a conoscenza dell’esistenza dell’organizzazione. Durante la conferenza di fine anno, Putin ha difeso la legge sugli agenti stranieri, dicendo che negli Stati Uniti è in vigore un provvedimento analogo ancora più severo.
Intanto, la comunità internazionale si mobilita. Amnesty International ha definito la chiusura di Memorial «un attacco alla società civile» e un «tradimento alla memoria delle vittime dei gulag».
DA SAPERE
L’Ong Memorial è stata fondata nel 1989 da un gruppo di dissidenti, fra cui il premio Nobel per la Pace, Andrej Sakharov. È l’unica organizzazione a possedere un archivio che documenta i crimini commessi durante il periodo sovietico, raccolti grazie a un capillare lavoro portato avanti su tutto il territorio dell’ex Urss da decine di volontari che appoggiano l’associazione. Grazie a Memorial è stato possibile fare luce sulle persecuzioni contro milioni di persone e l’ubicazione di alcune fosse comuni nelle quali sono stati fatti scomparire i «nemici del popolo».