Già cinque i reporter colpiti dai narcos solo in questo mese in Messico (Epa)
Ventiquattro ore dopo l’omicidio di padre Felipe Altamirano Carrillo nel Nayarit, un altro sacerdote è vittima della violenza criminale in Messico. Martedì notte (l’alba di mercoledì in Italia), Óscar Navarro López, 40 anni, è stato sequestrato da un commando armato mentre rientrava al convento dei “Missionari di Cristo Mediatore”, ordine di cui è parte, nella colonia La Herradura di Tampico. Il sequestro si è però risolto bvene: trenta ore dopo il rapimento il prete è stato liberato dai sequestratori.
La città, nel cuore del Tamaulipas, è una delle roccaforti de Los Zetas, tra i più sanguinari cartelli del narcotraffico. Il vescovo, monsignor José Luis Dibildox Martínez, aveva detto che i rapitori si erano messi in contatto con la diocesi per chiedere un riscatto altissimo per il rilascio del religioso. «Chiediamo alle autorità di adempiere all’obbligo di proteggere i diritti fondamentali dei cittadini del Tamaulipas», è l’appello lanciato da monsignor Dibildox Martínez. Due giorni prima, padre Alejandro Solalinde, noto difensore dei migranti e candidato al Premio Nobel per la Pace per il suo impegno, aveva invece ricevuto pesanti minacce di morte. Il Messico – dove oltre l’80 per cento della popolazione si professa cattolica – è dal 2010 il Paese più pericoloso per svolgere il ministero sacerdotale. I narcos, grazie alla protezione di interi pezzi di istituzioni corrotte, considerano i preti, spesso unico punto di riferimento per la popolazione indifesa soprattutto nelle zone rurali, una minaccia per il loro potere.
Proprio come gli attivisti per i diritti umani e i giornalisti. Già cinque reporter sono stati aggrediti a marzo: tre sono morti. Un segnale di una nuova escalation di violenza dovuta probabilmente a un mutamento degli equilibri criminali, con l’estradizione del boss del cartello di Sinaloa, Joaquín El Chapo Guzmán e l’irruzione della mafia di Jalisco Nueva Generación.