giovedì 11 gennaio 2024
Una ricerca rivela che nel 2023 la febbre delle acque del Pianeta ha toccato un nuovo record storico. Il Mediterraneo è il bacino che si è riscaldato più rapidamente
Oceani sempre più caldi, per il clima si rischia un circolo vizioso

Ansa

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La febbre degli oceani sale ancora: il 2023 ha segnato un nuovo record nelle temperature nelle acque che coprono il 70% del nostro pianeta. Il nuovo allarme è documentato nello studio "New Record Ocean temperatures and related climate indicators in 2023", pubblicato sulla rivista "Advances in Atmospheric Science". Il team internazionale responsabile della ricerca è stato coordinato dall'Iap-Cas (Istituto di fisica dell'atmosfera dell'Accademia Cinese delle Scienze), e comprendeva scienziati statunitensi del Ncei-Noaa, neozelandesi, francesi e, per l'Italia, Simona Simoncelli dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e Franco Reseghetti dell'Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea).

La notizia giunge a poche ore dalla conferma, da parte di Copernicus (il programma di osservazione della Terra di Agenzia Spaziale Europea e Commissione europea) che il 2023 è stato in assoluto l'anno più caldo dal 1850, con l'aumento della temperatura media globale vicina a 1,5 gradi centigradi. Lo studio sulle acque mostra che le temperature oceaniche nel 2023 hanno segnato un aumento senza precedenti, registrando un incremento significativo del contenuto termico, della stratificazione e della salinità.

Secondo le stime, la temperatura delle acque è salita, rispetto al 2022, tra gli 8 ZettaJoule (secondo i calcoli Noaa) e i 15 ZettaJoule (Iap-Cas), nello strato compreso tra 0 e 2.000 metri di profondità. Numeri impressionanti, se si pensa che si tratta di una quantità di energia di molto superiore a quella necessaria per alimentare l’intera economia mondiale in un anno (le divergenze nei risultati raggiunti sono attribuibili principalmente alle diverse procedure di controllo di qualità dei dati e alle metodologie di calcolo adottate dai vari gruppi di ricerca).

Oltre al riscaldamento generale delle acque, nel 2023 sono state registrate anche forti anomalie nelle temperature superficiali dell'oceano a causa non solo del riscaldamento globale in atto, ma anche alle fluttuazioni termiche a breve termine dell'Oceano Pacifico, causate da fenomeni climatici come La Nina e El Nino, che si sono verificati a partire da maggio 2023.

E’ come un circolo vizioso. Le acque complessivamente più calde prodotte dalla combinazione di questi fattori, infatti, possono modificare l'andamento meteorologico a livello mondiale. E non solo. Ad esempio, le variazioni nelle precipitazioni atmosferiche e nell'evaporazione delle acque superficiali stanno alterando la salinità dell'oceano, con impatti diretti sulla vita marina, sulle correnti oceaniche e sulle interazioni con l'atmosfera. Le acque stratificate, caratterizzate da densità, temperatura e salinità diverse, possono avere conseguenze gravi per la vita animale e vegetale dell'oceano.

Il Mar Mediterraneo ha particolarmente sofferto nel 2023, confermandosi come il bacino che si è riscaldato più rapidamente tra quelli analizzati. I dati raccolti da Ingv ed Enea (nel contesto del progetto Macmap finanziato da Ingv), indicano che il “Mare Nostrum” ha raggiunto il valore termico più alto mai registrato dalle rilevazioni moderne.

«L'analisi di questi dati di temperatura, nonché di quelli raccolti a 400 metri di profondità dalla boa del Cnr-Ismar nel Canale di Sicilia - Spiega Simona Simoncelli, ricercatrice Ingv e co-autrice dello studio - indica a partire dal 2013 un chiaro riscaldamento nello strato delle acque comprese tra i 150 e i 450 metri di profondità, estesosi poi alle acque più profonde e più settentrionali. In questo caso tra il 2013 e il 2016 il riscaldamento è stato superiore a 0,4 °C, seguito da una leggera diminuzione e da un periodo stazionario. La temperatura delle acque ha ripreso ad aumentare dal 2021, raggiungendo il suo record, per il momento, a settembre 2023».

«Il Mediterraneo influenza fortemente la vita nei Paesi che vi si affacciano: dall'agricoltura, alla pesca, all'idrologia, all'evoluzione meteo, alla salute delle popolazioni aggiunge Franco Reseghetti, ricercatore Enea e co-autore dello studio -. Continuare a monitorarlo è la chiave per contribuire a conoscere gli effetti del riscaldamento globale, sensibilizzare la società a questa emergenza e stimolare l'adozione di necessarie misure di adattamento e mitigazione. Bisogna sempre tener presente che a causa di questo fenomeno si registrano ogni anno danni materiali enormi in tutto il mondo, accompagnati spesso dalla perdita di vite umane».

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