sabato 22 ottobre 2016
​Infuria la battaglia e i jihadisti ricorrono a ogni mezzo per contrastare l'offensiva su Mosul lanciata dal governo iracheno e della forze curde, appoggiate da Stati Uniti ed europei. L'Onu denuncia: 550 nuclei familiari deportati dai villaggi.
Centinaia di scudi umani
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Una serie di edifici governativi, tre hotel, una moschea, un carcere, una stazione elettrica. Il Daesh, stretto nella tenaglia a Mosul, prova a rompere l’assedio, dirottando il conflitto a Kirkuk, a 150 chilometri da Mosul. Un altro fronte dunque, “acceso” non a caso in quello che è il cuore petrolifero iracheno, dal 2014 controllato dai peshmerga curdi. Un’operazione “disperata” di un Califfato ormai votato alla sconfitta a Mosul, tanto da far uso «di scudi umani», come denunciato dall’Onu? O un cambio di strategia che mira di fatto a “disseminare” il conflitto, ad aprire fronti “simultanei”? Sta di fatto che la prova di forza a Kirkuk è stata impressionata: sono entrate in azione quelle che la stessa macchina propagandistica del Daesh ha definito «cellule dormienti», commando di kamikaze e decine di miliziani «armati fino ai denti». L’arcivescovo caldeo di Kirkuk e Sulaimanyah, monsignor Yousif Thomas Mirkis non ha dubbi: «Non è finita, il Daesh è un cancro, se ne prende coscienza sempre troppo tardi». «Quello che ci aspetta è un attacco dopo l’altro: il più recente sarà peggiore del precedente. Come quello che ci aspetterà dopo la liberazione di Mosul». «Si risparmi – è stato l’accorato appello del pastore – il sangue degli innocenti e dei civili». L’assalto, condotto contemporaneamente a un altro contro una centrale elettrica a Dibis, poco più a nord e ancora più vicino a Mosul, ha provocato la morte di 39 persone, tra questi 17 jihadisti, e dei tecnici iraniani della centrale attaccata. Tra le vittime anche un giornalista televisivo iracheno, ucciso da un cecchino. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Bahram Ghasemi ha reagito all’uccisione di cittadini iraniani: questi attacchi sono «l’ultimo respiro dei terroristi in Iraq». Le strade della città sono state “invase” da decine di miliziani armati di fucili e granate, alcuni con abiti «con abiti di tipo afghano». Un attacco coordinato, cominciato in piena notte. Almeno cinque kamikaze hanno puntato agli edifici del governo, tra cui il quartier generale della polizia. Civili armati si sono uniti alle forze di sicurezza, che hanno ricevuto rinforzi anche dalle truppe curde. Il Daesh, attraverso la sua agenzia Amaq, si è affrettato a rivendicare l’azione: «Le forze del Daesh hanno attaccato Kirkuk da più fronti e controllano metà della città». Ben diverso è il quadro descritto dalle autorità di Kirkuk. «Forze di sicurezza, peshmerga e dell’antiterrorismo hanno ristabilito il completo controllo della situazione», ha assicurato il governatore, Najmeddin Karim. Secondo fonti locali, dopo l’attacco, sono state chiuse tutte le moschee e annullati i sermoni previsti per la giornata santa del venerdì. «Quando ci sono state le preghiere del mattino, ho visto diversi miliziani di Daesh, entrare nella moschea di al-Mohammadi », ha raccontato un insegnante che vive nel quartiere di Tesaeen. Altre esplosioni sono state registrate davanti a tre hotel, mentre un altro commando sarebbe penetrato all’interno di un carcere. Quindici donne sarebbero state uccise da un raid aereo che ha colpito un luogo di culto sciita. «Una cinquantina» , invece, i jihadisti rimasti uccisi nei combattimenti. A Mosul la battaglia continua. Con il supporto della forze Usa, , le forze governative irachene hanno “liberato” otto villaggi a sud, mentre le forze curde avanzano da nord. Secondo l’Onu, i miliziani avrebbero spinto circa 550 famiglie di villaggi a raggiungere la città irachena, per usarli come scudi umani.  L’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Zeid Raad al-Hussein, ha fatto sapere che il suo ufficio ha ricevuto rapporti che raccontano come i civili siano stati tenuti appositamente vicino alle postazioni dei combattenti a Mosul, forse come scudi umani di fronte all’avanzata delle forze irachene. «C’è un grave pericolo che i jihadisti non solo utilizzino queste persone come scudi umani, ma che poi le uccidano piuttosto che lasciarle in libertà», ha detto Zeid. Sono 1,5 milioni i residenti “intrappolati” nella città, 5.640 le persone fuggite.
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