Il leader nordcoreano, Kim Jong-un e il presidente sudcoreano, Moon Jae-in, hanno voluto celebrare la forte intesa tra i due Paesi sul monte Paektu (Ansa)
Uno, il presidente del Sud, è cintura nera di judo ed abile escursionista. L’altro, il leader del Nord, si dice sia grande appassionato di basket (ma si dubita che ne pratichi anche i campi). Ieri Moon Jae-in e Kim Jong-un si sono ritrovati (ma non ci sono arrivati a piedi) sul monte Paektu, un vulcano non attivo a cavallo del confine tra la Corea del Nord e la Cina, venerato da tutti i coreani, meta di “scalate” e pellegrinaggi. Ebbene, davanti a quello scenario maestoso, i due leader – giunti ormai al loro terzo, ravvicinato, faccia a faccia – hanno voluto chiudere simbolicamente la visita di tre giorni nel Nord di Moon. E rimarcare, tra sorrisi e abbracci, l’intesa ritrovata dai due Paesi, ancora formalmente in guerra.
Ora, però, il banco di prova si sposta. Perché quella che in molti giudicano un’abile operazione di marketing del giovane leader nordcoreano, deve tradursi in passi in avanti nel negoziato con gli Usa. Passi che, fino ad ora, sono stati solo promessi. È stato lo stesso Moon a farsi “portavoce” delle intenzioni dell’ultimo rappresentante della “dinastia” che regna sul Paese. «Il presidente Kim ha espresso la volontà di completare rapidamente la denuclearizzazione della Penisola e concentrarsi sullo sviluppo economico del Nord», ha detto Moon, in una conferenza stampa a Seul, poco dopo il ritorno dal vertice. Ma non basta: lo stesso Kim ha fatto sapere di volere incontrare nuovamente Trump, dopo lo storico vertice del 12 giugno scorso a Singapore, che aveva lanciato in grande stile il negoziato. A cosa punta davvero Kim Jong-un? Per gli analisti, la partita che il giovane leader sta conducendo è duplice. Il regime vuole che sia formalizzata la pace con Seul – cosa che potrebbe spingerlo a chiedere il ritiro dei soldati americani nel Sud –, sperando anche di uscire dalla morsa delle sanzioni internazionali.
Dando così ossigeno, in qualche modo, ad un’economia esangue. È su questo crinale scivoloso che Kim sta giocando le sue carte. Il tutto accompagnato da una indiscutibile abilità strategica del dittatore. Come ha sottolineato Alex Neill, analista dell’International Institute of Strategic Studies Asia di Singapore, «Kim è riuscito a gettare una sorta di cortina fumogena su quella che è una delle dittature più brutali al mondo, grazie anche a finte notizie e operazioni di disinformazione. Ha dimostrato di essere così un abile giocatore». Anche lo stesso Moon è stato investito dalla critiche. John Lee, editorialista di NKNews, ha sottolineato come sia paradossale che il presidente sudcoreano, con una lunga attività alle spalle di difensore dei diritti umani, tratti oggi con il “dominus” di uno dei regimi più brutali del mondo. «Lo scopo principale della visita di Moon in Corea del Nord dovrebbe essere la denuclearizzazione e nient’altro», è il parere, raccolto da AsiaTimes, di Jang Song-hyon, un uomo d’affari di Seul. «Assomiglia invece tutto troppo a uno show», ha concluso. Durante il vertice, il Nord ha ribadito la disponibilità a «smantellare permanentemente» le strutture di lancio di missili in presenza di esperti esterni e il complesso nucleare di Yongbyon se gli Usa adotteranno non meglio precisate misure corrispondenti.
Sia Trump che il suo segretario di Stato, Mike Pompeo, hanno accolto positivamente l’esito del summit e hanno assicurato che Washington sta cercando di riavviare con Pyongyang il dialogo sulla denuclearizzazione. Pompeo ha invitato il collega nordcoreano, Ri Yong-ho, a incontrarsi a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York la prossima settimana.