Un frame del video con la studentessa che si è spogliata per protesta contro l'obbligo del velo in Iran - ANSA
Dove è stata rinchiusa? Cosa sarà di lei? Da sabato scorso non si hanno più notizie della studentessa protagonista del video che ha fatto il giro del mondo: lei che rimane in biancheria intima, spogliandosi dei vestiti e alimentando il suo coraggio con la rabbia. Dal video sappiamo che ci troviamo nel cortile del dipartimento di Scienza e Ricerca dell'università Azad di Teheran e secondo fonti studentesche la ragazza, identificata come Ahoo Daryaei, era stata inizialmente ripresa dalle guardie di sicurezza universitarie perché non indossava il velo islamico in modo appropriato.
Come gesto di protesta, la ragazza si è tolta i vestiti, restando in mutandine e reggiseno, le braccia conserte e i capelli sciolti. Nel video la si vede così, prima seduta nel cortile tra studenti increduli o con i telefonini in mano. Poi la giovane si allontana per strada a piedi, sempre senza vestiti, prima di essere affiancata da un'auto da dove escono degli uomini che la caricano a forza per portarla via.
Da quel momento di Ahoo non si sa nulla: il timore è che possa essere stata portata in un commissariato, interrogata e poi trasferita in un carcere. Questo il copione che si è visto già in tante altre circostanze, con orizzonti ancora più tragici, come nel caso di Mahsa Amini, la 22enne picchiata e la cui morte in ospedale diede origine nel 2022 al movimento di protesta Donna Vita Libertà. O come la 16enne Nika Shakaram, stuprata e uccisa dopo essere stata prelevata dalle forze di sicurezza e il cui corpo fu trovato giorni dopo la sua scomparsa nel 2022. O ancora, come la 32enne Arezou Badri, in coma da quando, nel luglio 2024, fu colpita da proiettili mentre viaggiava in auto perché non indossava il velo.
Adeso tocca ad Ahoo Daryaei. Amnesty International, chiedendone l'immediato rilascio, ha riferito di possibili "percosse e violenza sessuale contro di lei durante l'arresto" e sollecitato "indagini indipendenti e imparziali". L'agenzia Iran International riferisce che, secondo una nota newsletter di studenti su Telegram, la ragazza è stata trasferita in un ospedale psichiatrico su ordine dell'intelligence dei Guardiani della Rivoluzione, circostanza confermata dal giornale Farhikhtegan, vicino all'Università di Azad, e dal direttore delle relazioni pubbliche dell'ateneo, Amir Mahjoub, secondo cui la studentessa soffre di un "grave disagio psicologico".
I media statali hanno diffuso un video in cui un uomo, che si presenta come il marito, sostiene che la donna è madre di due figli e soffre di problemi di salute mentale. Tuttavia - si legge ancora sul sito in inglese e persiano con sede a Londra - l'opinione pubblica iraniana denuncia online quella che viene definita una tattica del regime per delegittimare le manifestanti etichettandole come mentalmente instabili.
Nel ricordo di Mahsa però questa volta tutto il mondo guarda a Teheran. «Monitorerò attentamente la situazione, compresa la risposta delle autorità», ha ammonito su X la relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran, Maio Sato, mentre si moltiplicano sui social gli omaggi al "coraggio eroico" della donna, insieme ad appelli, hashtag e disegni: una ragazza con gli slip a righe e il reggiseno lilla è già diventata il nuovo simbolo della lotta delle donne iraniane per la libertà. In Italia la ministra per le Pari Opportunità Eugenia Roccella ha auspicato che «quel corpo diventi il corpo di tutti noi, che la sua salvezza diventi il nostro obiettivo, che la sua battaglia diventi un vessillo di libertà per tutte le donne».