Il luogo dell'attacco alla parata militare ad ad Ahvaz, capoluogo della provincia sud-occidentale del Khuzestan (Ansa)
Ritornano il terrore, gli attacchi, il sangue e torneranno le inevitabili accuse al "Satana" statunitense e ad Israele. Un attentato è stato compiuto in Iran nell'anniversario dell'invasione irachena che diede inizio alla guerra negli anni '80: uomini armati hanno aperto il fuoco su una parata militare ad Ahvaz, capoluogo della provincia sud-occidentale del Khuzestan con una forte presenza araba, facendo diverse vittime. Ancora incerto il bilancio: l'agenzia di stampa Irna ha riferito inizialmente di almeno 20 feriti, tra cui una donna e un bambino, per poi precisare che anche "diversi civili sono stati uccisi". Con il passare delle ore il bilancio però è cresciuto: almeno 29 le vittime e 53 i feriti, alcuni dei quali gravi. Tra i morti anche 8 Guardiano della Rivoluzione e un cronista. L'attacco è stato attribuito dalle autorità a gruppi islamisti.
Secondo le ricostruzioni, due uomini armati, vestiti con uniformi militari, hanno cominciato a sparare sulla folla da un parco accanto al percorso della parata per poi cercare di colpire il palco delle autorità. I due sono stati 'neutralizzatì dalle forze dell'ordine. La Fars, citando una fonte delle forze di sicurezza, ha riferito un numero maggiore di aggressori, di cui due sono morti, uno è stato ferito e un altro arrestato. La sparatoria è durata una decina di minuti.
Immediata anche lò reazione politica e le accuse a entità straniere. Come sempre avviene. "I terroristi reclutati, addestrati, armati e pagati da un regime straniero hanno attaccato Ahvaz. Bambini e giornalisti tra le vittime. L'Iran ritiene responsabili di tali attacchi gli sponsor regionali del terrore e i loro padroni statunitensi. L'Iran risponderà rapidamente e con decisione in difesa delle vite iraniane". Così il ministro
degli Esteri iraniano, Java Zarif, via Twitter. E, secondo i Pasdaran, gli uomini armati che hanno sparato su una parata "sono del gruppo al-Ahvaziya finanziato dall'Arabia Saudita e dalla Gran Bretagna". Il gruppo separatista al-Ahvaziya,indicato dai Pasdaran come responsabile dell'attacco alla parata, "ha già condotto altri atti di sabotaggio in passato,incluso un attentato nel 2005", ha detto il vicecapo della polizia della provincia di Khuzestan, dove sorge Ahvaz.
Ahvaz è il capoluogo della provincia del Khuzestan, area di frontiera ricca di petrolio, abitata da una forte comunità araba, oltre 3 milioni di persone, in prevalenza sunnite. Da tempo accusano le autorità centrali sciite di essere discriminate e negli ultimi anni ci sono stati attacchi da parte di gruppi separatisti contro le strutture petrolifere. Tra il 2005 e il 2006 nell'area di Ahvaz ci furono violenti disordini a cui fecero seguito una serie di attentati dinamitardi attribuiti a gruppi separatisti arabi che causarono 28 morti e 225 feriti.
Nel febbraio 2017 ad Ahvaz si era recato anche il presidente iraniano, Hassan Rohani, per cercare di calmare gli animi dopo le dure proteste dei residenti che si lamentavano del fortissimo inquinamento, dei tagli alla corrente elettrica e dei problemi nella fornitura idrica.
Rohani: «Non abbandoneremo i missili»
In una cerimonia analoga, nella capitale, poco prima dell'attacco il presidente iraniano era tornato a tuonare contro gli Stati Uniti e le azioni che Israele, a detta del regime, sta intraprendendo per creare instabilità. "Il presidente americano, Donald Trump, perderà nel suo scontro con l'Iran, come è successo al dittatore iracheno Saddam Hussein", ha assicurato il presidente iraniano, Hassan Rohani, intervenendo alla parata
militare al Mausoleo di Khomeini che commemora la guerra Iran-Iraq negli anni '80. "A Trump succederà lo stesso, l'America soffrirà lo stesso destino di Saddam Hussein", ha aggiunto Rohani, ribadendo che Teheran "non abbandonerà il suo sistema difensivo, compresi i suoi missili che fanno così arrabbiare gli Usa". A maggio, Trump ha annunciato l'uscita unilaterale degli Stati Uniti dall'accordo internazionale sul nucleare iraniano e la ripresa delle sanzioni verso la Repubblica islamica, mettendo sotto pressione Teheran.