mercoledì 24 luglio 2024
Sopravvissuto il pilota. L'incidente è l'ultimo di una lunga serie dopo il boom del traffico aereo locale. L'alto rischio dovuto a scarsa manutenzione, contenimento e difficili condizioni ambientali
La carcassa dell'aereo della Saurya airlines incendiatosi poco dopo il decollo a Kathmandu

La carcassa dell'aereo della Saurya airlines incendiatosi poco dopo il decollo a Kathmandu - Fotogramma

COMMENTA E CONDIVIDI

Sembra sia stato un malfunzionamento tecnico su cui le autorità stanno indagando ad avere provocato oggi lo schianto sulla pista dell’aeroporto internazionale di Kathmandu dedicato all’ex re Tribhuvan in cui sono morte 18 persone. L’incidente è avvenuto al decollo alle 11.15 del mattino: non sono ancora state evidenziate le cause - accesso difficile alla pista, nebbia o pioggia intensa - alla base di altri disastri aerei avvenuti in passato nel principale scalo nepalese.

Il bimotore a reazione Bombardier Crj 200 della compagnia nepalese Saurya Airlines si è staccato dalla pista per poi inclinarsi e toccare con l’ala il suolo prima di esplodere in una palla di fuoco che ha ucciso un membro dell’equipaggio e 17 passeggeri: un team di manutenzione della compagnia in volo di trasferimento verso Pokhara, seconda città del Paese, località turistica e base di partenza per spedizioni di trekking e alpinistiche nelle regioni occidentali del Nepal. Il pilota, anche se ferito agli occhi secondo i rapporti dei soccorritori, è l’unico sopravvissuto ed è stato ricoverato in ospedale. Incerta la nazionalità e il ruolo di un cittadino straniero che risultava a bordo.

L’evento e l’opera dei soccorritori sono stati ripresi in foto e video da molti, sia all’interno che all’esterno dello scalo che ha movimentato lo scorso anno oltre otto milioni e mezzo di viaggiatori ed è vitale per un Paese senza sbocco al mare, stretto fra Cina, India e Bhutan, con un territorio difficile caratterizzato da catene montuose e sottoposto a eventi climatici estremi, oltre che al rischio di terremoti.

Per le condizioni ambientali dell'aeroporto Tribhuvan (l’accesso avviene passando da uno stretto corridoio fra le montagne e un’immediata, brusca riduzione di quota prima dell’atterraggio in un’area densamente abitata) e per l’oggettiva difficoltà a gestire il flusso di passeggeri, da tempo le autorità nepalesi stanno cercando di decentrare gli arrivi internazionali nello scali di Pokhara e in quello meridionale di Siddharthanagar/Lumpini, pure soggetti a eventi naturali imprevedibili come intensità, soprattutto durante il periodo monsonico, per quanto riguarda le piogge, e quello invernale, per le nebbie. Spesso difficili le condizioni della trentina di scali minori che consentono l’accesso all’area dell’Everest (quello di Lukla), alla regione del Mustang (Jomson), alla riserva naturale di Chitwan (Bharatpur) e a molte altre località con voli a volte anche molto brevi che evitano però percorsi prolungati o precari via terra. Da qui un boom del trasporto aereo locale, sia passeggeri sia per il trasporto merci che se ha aumentato le possibilità di spostamento e di approvvigionamento di prodotti indispensabili in aree che sarebbero altrimenti di difficile accesso.

I rischi tuttavia sono elevati, sia in ragione del contenimento dei costi e della scarsa manutenzione di velivoli e delle piste, sia perché le condizioni ambientali rendono impossibile l’installazione e l’utilizzo di tecnologie evolute, a partire dal sistema Ils per l’atterraggio strumentale. Da tempo l’Unione Europea ha bandito sul proprio territorio i voli di compagnie nepalesi, inclusa quella di bandiera, mentre gravi incidenti hanno funestato l’aviazione interna. Quello con il maggior numero di vittime in tempi recenti è del 15 gennaio 2023 quando un Atr 72 della Yeti Airlines si è schiantato sulla pista di Pokhara uccidendo i 72 a bordo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: