sabato 5 settembre 2020
Il messaggio di papa Francesco, nella giornata dedicata a Beirut, e la missione di Parolin. Il segretario di Stato: «Il Paese resti fuori dai conflitti e tuteli la sua identità». Si scava ancora
Un mese dopo l'incendio al porto, si ricorda il dramma

Un mese dopo l'incendio al porto, si ricorda il dramma - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

«Progetti di pace e non di sventura», promette il Papa ai libanesi. Questo il messaggio di speranza trasmesso dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, giunto giovedì a Beirut per partecipare alla giornata di preghiera e di digiuno per il Libano, indetta dal Pontefice a un mese dall’esplosione che ha devastato Beirut. «Io infatti conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo, dice il Signore. Progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza», è la citazione tratta dal profeta Geremia con cui inizia il testo scritto dal Papa. L’attualità sembra contraddire questa promessa, ma Francesco esorta a fidarsi della fedeltà di Dio. «Signore, crediamo che vigili sulla tua Parola, per realizzarla – scrive papa Bergoglio –, e vi speriamo, contro ogni speranza o disgrazia».

Il messaggio si fa infine preghiera, di ringraziamento e di richiesta: «Ti ringraziamo per il tuo amore che si è espresso tramite la solidarietà di molti. Ti affidiamo il nostro Paese, il Libano, con il suo popolo, le sue guide religiose e politiche e i suoi giovani, che realizzi la sua vocazione di messaggio di pace e di fraternità alla quale lo hai chiamato. Amen».

Con questo messaggio il segretario di Stato si è recato ieri al porto distrutto, poi ha visitato alcuni quartieri e ospedali devastati. Al presidente libanese Michel Aoun l’inviato del Papa ha detto che «il Libano deve mantenere la sua composizione e il suo messaggio, che non è solo per i libanesi, ma per l’intera regione del Medio Oriente che sta affrontando crisi e conflitti. Oltre che per il mondo intero ». Giovedì, al santuario mariano di Harissa, il più celebre luogo di pellegrinaggio nel Paese, Parolin aveva sottolineato la capacità dei libanesi di rialzarsi dalle difficoltà. «I libanesi ricostruiranno il loro Paese – ha detto nell’omelia – con l’aiuto degli amici e con lo spirito di comprensione, dialogo e convivenza che li ha sempre contraddistinti». «Nutriamo tutti, ha concluso, la speranza che la società libanese si baserà maggiormente sul diritto, i doveri, la trasparenza, la responsabilità collettiva e il servizio del bene comune».

Grande gratitudine per l’iniziativa del Pontefice è stata espressa dal patriarca maronita, cardinale Béchara Rahi, che ieri ha ricevuto l’inviato del Papa insieme agli altri patriarchi cattolici. Al termine dell’incontro Parolin ha ribadito «l’importanza che il Libano resti fuori dai conflitti esterni e tuteli la sua identità». Rahi aveva parlato a Vatican News di una «mobilitazione» delle diocesi e degli ordini religiosi del Libano per la giornata di preghiera, ricordando la lettera inviata nel 1989 da Giovanni Paolo II a tutti i vescovi per chiedere di consacrare una giornata di preghiera per il Libano.

In quella lettera, ha detto Rahi, il Papa scrive che «la scomparsa del Libano diverrebbe senza alcun dubbio uno dei più grandi rimorsi del mondo. La sua salvaguardia è uno dei compiti più urgenti e nobili che il mondo contemporaneo debba assumere». «Ecco, ora il Santo Padre Francesco riprende questa iniziativa».

Ma alla proposta del Papa non hanno risposto solo i cristiani. «La sollecitudine del Papa per il Libano proviene dal cuore e non è mossa, come vediamo spesso in questi giorni, da ambizioni economiche o da agende politiche», confida ad Avvenire lo sceicco Mohammed Nokkari, per anni segretario generale del mufti sunnita del Libano. «Mi ha commosso vedere il Papa baciare la bandiera libanese», aggiunge Nokkari, mettendo l’iniziativa di papa Bergoglio a favore del Libano nella scia delle tante lodevoli iniziative promosse dal Vaticano «a partire dall’indimenticabile san Giovanni Paolo II». Alle 18,07 locali (le 19,07 in Italia), l’ora in cui è avvenuta la seconda micidiale esplosione, il suono delle campane si è unito alla voce dei muezzin per invitare la popolazione a un momento di raccoglimento in memoria delle 191 vittime accertate e di almeno 7 dispersi.

Il ricordo delle vittime

Il ricordo delle vittime - Ansa

Nella capitale libanese gli uomini della protezione civile sono ancora all’opera alla ricerca di eventuali superstiti sotto le macerie. Ieri, l’intero Libano si è fermato dopo che un cane da fiuto ha avvertito un flebile battito cardiaco sotto le macerie di un palazzo del quartiere di Mar Mikhail (san Michele). Flash, questo il nome del cane, fa parte di una squadra di soccorritori cileni che operano da settimane a Beirut a fianco dei soccorritori libanesi.

A stento procede, invece, l’inchiesta sulla tragedia. Giovedì, il giudice Fadi Sawwan ha ascoltato, in qualità di testimone, il premier dimissionario Hassane Diab. Il presidente libanese ha assicurato ieri che «verrà consegnato alla giustizia chiunque è responsabile o non ha sorvegliato». È un diritto dei libanesi – ha aggiunto Aoun – «che sono uniti nel dolore dopo il disastro». Grande allarme tra la popolazione ha, infine, suscitato la scoperta, in quattro container del porto di Beirut, di 4,35 tonnellate di nitrato d’ammonio, la stessa sostanza chimica che causò la potente deflagrazione un mese fa. Gli ingegneri dell’esercito libanese hanno provveduto ad allontanare i container dalla zona.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: