Il generale Amir Ali Hajizadeh con le bandiere dei gruppi sciiti alle sue spalle
Una scena che riassume mille discorsi. L’inedita presenza di molte bandiere alle spalle del generale Amir Ali Hajizadeh, comandante delle Forze aerospaziali dei pasdaran, durante il suo intervento di giovedì, non era certo casuale. Infatti, accanto alle tre bandiere iraniane (quelle nazionale, dell’Aeronautica militare e della Forza missilistica), sono stati disposti i vessilli di sei movimenti vicini a Teheran.
Un messaggio sfrontato e chiaro, che diventa lampante alla luce dell’“invito”, rivolto ad alcuni Paesi della regione, ad adoperarsi direttamente per il ritiro delle truppe americane stanziate sui loro territori. In mancanza di ciò, ha precisato il generale, della questione se ne occuperà «la resistenza», eufemismo che indica i gruppi che ruotano nell’orbita di Teheran. Gli “invitati sul palco” ai quali sarebbe affidata la vecchia-nuova guerra per procura sono Hezbollah, Hamas, Ansar Allah (ossia gli Houthi yemeniti), al-Hashd al-Shaabi (Mobilitazione popolare irachena, Pmu), e infine le divisioni di Fatimiyun e di Zaynabiyun. Se le ultime due formazioni sono da tutti considerate una pura e semplice creazione di Teheran – dal momento che sono composte da sciiti reclutati tra le folte comunità afghana e pachistana presenti in Iran e mandati a combattere (e morire) in Siria – lo stesso non si può dire di tutti gli altri gruppi, nonostante sia a tutti chiaro il loro stretto legame con il regime degli ayatollah.
In particolare, la presenza della bandiera Pmu ha sollevato aspre critiche tra gli iracheni. I 40 gruppi paramilitari prevalentemente sciiti che compongono la sigla sono sì al 90 per cento vicini a Teheran, ma risultano dal luglio scorso integrate nell’esercito iracheno e devono operare, secondo il decreto del premier Adel Abdel-Mahdi, «come parte indivisibile delle forze armate ed essere soggette agli stessi regolamenti». Annoverarle tra le formazioni che ricevono ordini dall’Iran, dicono a Baghdad, è un flagrante insulto alla sovranità irachena. Lo stesso si potrebbe dire di Hamas, che cerca – nonostante l’aiuto ricevuto da Teheran – di rimarcare la propria autonomia rispetto gli interessi iraniani. Tra tutti i gruppi, è stato soprattutto Hezbollah a sentirsi parte in causa della “proxy war” in allestimento. Nella sua ultima apparizione, Hassan Nasrallah ha affermato che la vendetta per la morte di Qassem Soleimani «non è un affare puramente iraniano», ma riguarda l’intero «asse della resistenza».