Una manifestazione contro il presidente Duterte (Ansa)
Nuovo accorato appello dei vescovi filippini contro il ripristino della pena di morte voluto dal presidente Duterte. In una dichiarazione pastorale letta domenica scorsa in tutte le chiese, i vescovi dichiarano di voler «difendere la santità della vita e di prendere posizione contro la pena di morte. Le vittime e i carnefici – si legge nel messaggio firmato dall’arcivescovo di Lingayen-Dagupan, Socrates B. Villegas, presidente della Conferenza episcopale filippina - sono entrambi nostri fratelli e sorelle. Per il colpevole offriamo la possibilità di pentirsi e riparare il danno dei loro peccati. Per le vittime, offriamo il nostro amore, la nostra compassione, la nostra speranza”.
La pena di morte nelle Filippine è stata abolita nel 2006, e in quel momento 1.200 sentenze in attesa di esecuzione si trasformarono in ergastoli. Nei giornis corsi, con una netta maggioranza di sì, il Parlamento ha approvato il ripristino della pena capitale per
diversi reati, come lo stupro, l’omicidio e crimini legati all’importazione, alla vendita, alla fabbricazione, alla consegna e alla
distribuzione di sostanze stupefacenti. La proposta di legge deve ora essere approvata dal Senato e poi firmata dal presidente Rodrigo Duterte, a sua vlta favorevole al ripristino della pena di morte. In caso di approvazione, l’opposizione ha già annunciato che ricorrerà alla Corte Suprema.
Contro Duterte richiesta di impeachment e denunce di Ong
Contro il presidente filippino Duterte è stata formalizzata nei giorni scorsi una richiesta di impeachment firmata dal deputato Gary Alejano. Abuso di potere, corruzione e conflitto di interesse sono alcune delle accuse mosse contro il capo di Stato, che oltre a far registrare un rilevante consenso popolare, può anche contare su una solida maggioranza in Parlamento. Nella richiesta di impeachment viene soprattutto denunciato l’impiego di squadre della morte nella lotta contro la criminalità. Da quando, il 30 giugno del 2016, il presidente Duterte è salito al potere, nelle strade delle Filippine – ha inoltre reso noto nei giorni scorsi Amnesty International - ci sono stati più di 8000 morti, molti dei quali a seguito di esecuzioni extragiudiziali nel contesto della cosiddetta “guerra alla droga” proclamata dal presidente filippino.
La campagna #Noiseforlife
Nel Paese sono state promosse diverse iniziative contro il ripristino della pena capitale. In particolare, nelle scuole e nelle università cattoliche è stata lanciata la campagna #Noiseforlife. Studenti di centinaia di istituti in tutto il Paese, da Manila a Davao, hanno manifestato pacificamente per ribadire il loro “no” alla reintroduzione della pena di morte.
La marcia dei cattolici il 18 febbraio
Migliaia di cattolici erano scesi in piazza a Manila, nelle Filippine, il 18 febbraio scorso, insieme ai leader religiosi per protestare contro la linea dura adottata dal presidente Rodrigo Duterte che vuole il ripristino della pena di morte.
Al tempo stesso le migliaia di persone che hanno protestato hanno voluto lanciare un messaggio di condanna verso la cultura della violenza e verso le migliaia di omicidi extragiudiziali che da tempo si susseguono nel Paese, all'interno della imponente campagna anti-droga montata dal presidente filippino Duterte.
Almeno 10mila persone hanno aderito alla marcia «Walk for life» con cartelli con su scritto: «Scegliete la vita», «No alla pena di morte». È una delle più grandi manifestazioni contro Duterte, il segnale del crescente attivismo della Chiesa cattolica contro il giro di vite del governo che ha provocato la morte di migliaia di persone legate al traffico di droga e gli sforzi dei legislatori pro-Duterte di ripristinare la pena di morte già dal prossimo mese.
Più di 8000 persone sono state uccise da quando il presidente ha lanciato la sua campagna contro la droga otto mesi fa. Più di 2.500 sono, invece, i morti in sparatorie durante le operazioni della polizia.